L'intervento del Presidente

Dellai a difesa dei provinciali «Più rispetto per il loro lavoro»



I nostri dipendenti non sono superpagati e per quanto riguarda gli orari cerchiamo di conciliare le esigenze degli utenti e le loro ogni giorno al servizio dei cittadini, delle comunità, delle imprese e deve, per questa stessa ragione, prestare la dovuta attenzione ad ogni critica e ad ogni stimolo a migliorare la propria efficienza e la propria efficacia. La pubblica amministrazione esiste per servire i cittadini e non viceversa. Tuttavia, noto che periodicamente si ripetono gli attacchi, vuoi di sapore goliardico, vuoi più astiosi, nei confronti dei dipendenti pubblici, accusati di godere di privilegi ingiustificati e soprattutto di oziare sul posto di lavoro.

 Solitamente mi astengo dal commentare, anche perché penso sia molto difficile combattere i luoghi comuni, si può solo attendere che muoiano da soli. Tuttavia la rappresentazione dell’impiegato pubblico come di un nullafacente che trascorre il suo tempo in ufficio facendo qualche giochino mi pare davvero un po’ troppo grottesca per non essere commentata.
 Vorrei partire - brevemente - dal primo punto, quello dei privilegi. Per dire innanzitutto che, cifre alla mano, i dipendenti pubblici sono retribuiti il giusto, ma certo non sono superpagati. In quanto invece alle condizioni di lavoro - a partire dagli orari - lo sforzo che l’amministrazione sta facendo è quello di conciliare le esigenze degli utenti con quelle dei lavoratori, mettendo davanti a tutto le prime. I risultati mi pare si vedano, anche se nel merito sono i cittadini a doversi esprimere. A volte, certo, il settore pubblico apre delle “strade”, come quella della flessibilità degli orari. Sono esperienze importanti, che possono servire da esempio anche per il settore privato, come peraltro avviene in paesi a noi vicini (uno per tutti la Germania), anche se è vero che nel nostro tessuto industriale, basato soprattutto su piccole imprese, le cose sono un po’ più complicate.

 Vorrei però concentrarmi soprattutto sul secondo punto, quello del dipendente pubblico dipinto come un fannullone, per invitare tutti ad una breve riflessione. Ma davvero pensiamo che il Trentino, una terra che secondo ogni metro di valutazione ha raggiunto le posizioni di testa fra le regioni italiane ed europee per livelli di sviluppo e qualità della vita, avrebbe potuto ottenere questi risultati senza un settore pubblico efficiente? Stiamo parlando di una terra che in virtù della sua Autonomia ha in mano tutte le leve che governano la sua vita quotidiana: scuola, sanità, trasporti, strade, cultura, e inoltre sì, certamente anche la burocrazia che serve a far funzionare tutto questo. Davvero pensiamo che i nostri servizi potrebbero essere gestiti così come vengono gestiti - certo non in maniera perfetta (la perfezione non è cosa di questo mondo!) ma comunque efficiente, elastica, il più delle volte anche “snella” - da lavoratori che passano il loro tempo giocando a Sudoku?

Alle letture banali e scontate ne vorrei contrapporre un’altra: quella che vede nell’amministrazione pubblica, in tutte le sue articolazioni, un potente motore dello sviluppo, specie in una terra come il Trentino, da sempre aliena dal liberismo radicale e dove invece i diversi attori locali, la Provincia, i Comuni, le associazioni, le imprese, i cittadini sono chiamati a sviluppare un dialogo continuo, a unire le forze, a collaborare. Ciò vale anche per le polemiche che a volte vediamo sollevare per le spese sostenute dall’amministrazione pubblica in diverse aree dipinte come “non-vitali”, come la comunicazione, la cultura, la ricerca. È evidente che se le mettiamo semplicemente (leggasi populisticamente) a confronto con gli investimenti in un settore come l’assistenza sanitaria, esse troverebbero ben pochi difensori. È in fondo il solito discorso sulle priorità: di fronte a pressoché ogni scelta di un’amministrazione pubblica - o di qualsivoglia altra organizzazione complessa - è possibile obiettare che le priorità sono altre, fino ad impattare di fronte ai grandi interrogativi del nostro tempo.

 In fondo perché preoccuparsi delle nostre pensioni o del nostro welfare quando un miliardo di persone nel mondo soffrono la fame? Le cose invece, com’è ovvio, sono un po’ più complesse di così. Le spese della pubblica amministrazione, infatti, creano ricchezza. Sono un volano per tutta l’economia. Ne beneficiano i cittadini, ne beneficiano i privati. In definitiva esse creano un ritorno assai maggiore. Lo stesso vale - fatte le opportune proporzioni - per l’operato dei dipendenti pubblici, quantomeno della stragrande maggioranza di essi. Poco visibile, poco considerato, esso tuttavia manda avanti il sistema-Trentino, lo fa crescere, lo fa funzionare direi piuttosto bene, visti i risultati. Andrebbe considerato con maggiore rispetto.













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