Da Sociologia alle capre felici l’avventura di Agitu Ideo  

La sua storia. Nata in Etiopia era stata costretta a scappare dal suo Paese dopo problemi con il governo. Aveva iniziato la sua avventura in Val di Gresta poi il trasferimento a Frassilongo



Trento. «Sono arrivata in Italia per studiare sociologia, prima a Roma e poi a Trento. Di ritorno in Etiopia, volevo aiutare dal punto di vista agricolo la mia terra d'origine, con un progetto per organizzare i contadini e alleggerire il loro carico di lavoro attraverso formazione, istruzione e macchinari, garantendo loro delle entrate adeguate. Dopo aver contestato l'industrializzazione sregolata, l'arrivo di un cementificio a cielo aperto e il fenomeno del "land grabbing" (accaparramento della terra da parte dello Stato), però, ho cominciato a dare fastidio ai funzionari locali, ho avuto problemi con il governo e sono dovuta scappare, arrivando qui l'ultima volta sei anni fa, con la necessità di reinventarmi una vita. Prima con le capre, poi anche con le pecore e le galline». Così si raccontava al Trentino sei anni fa Agitu Ideo Gudeta. Era di ritorno dal Salone del gusto di Torino dove aveva rappresentato la val di Gresta. Sì perché prima di arrivare a Frassilongo, “la pastora” come si autodefiniva, aveva vissuto e lavorato in Vallagarina. Conquistando subito l’attenzione anche dei media nazionali. Perché la sua storia era una storia particolare. La storia di una donna che aveva deciso il suo futuro, che non si era piegata. E aveva deciso che il suo futuro sarebbe stato in un lavoro che viene dal passato. I suoi nonni erano pastori nomadi e lei nell’allevamento delle capre aveva trovato la sua missione. Nel 2017 era stata scelta da Emma Bonino per "Donne anche noi. Storie di fuga e di riscatto", un'iniziativa per celebrare in modo diverso la festa dell'8 marzo.

Nata ad Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, fra due giorni avrebbe compiuto 43 anni. La sua vita è stata composta di fasi diverse, di momenti diversi. Con un filo rosso: la terra. La terra della casa natia, la lotta per una vita più giusta per gli agricoltori e poi la terra del Trentino. Una terra dove allevare le sue capre. Felici. E “La capra felice” è anche il nome che ha dato alla sua azienda. Con la quale poco tempo fa aveva fatto anche quello che - visto il periodo - poteva sembrare un salto nel vuoto. Ma lei era fatta così è così in piena pandemia fra lockdown più o meno duri, aveva deciso di aprire un negozio fisico. Prima era presente ai mercati da a giugno aveva inaugurato in piazza Venezia la “Bottega della capra felice”. «L'idea di aprire un negozio in città - raccontava - bolliva in pentola già da diverso tempo e l'obiettivo è quello di far capire alle persone quanto siano importanti questi punti vendita piccoli dove si possono trovare i prodotti del territorio ma che portano anche un filosofia ben precisa di comunità». E lì c’erano assieme agli ortaggi, ai prodotti cosmetici, anche i formaggi che produceva grazie ai 180 capi che allevava a Frassilongo.

Insomma guardava al futuro come aveva sempre fatto. Aveva scelto una vita dura, ma ne era consapevole, ne era consapevolmente felice. «La mia giornata parte alle 6 di mattina e finisce alle 2 di notte. Una vita dura - raccontava - ma piena di soddisfazioni, compresa quella di contribuire al recupero ambientale».

Ma, in questo quadro che potrebbe apparire perfetto, c’era anche un lato doloroso. Quello degli insulti razziali, degli atti di vandalismo, delle lesioni. Che avevano portato Agitu in tribunale come parte lesa. Insulti feroci che la colpivano anche online attraverso i social. Che la ferivano - e non potrebbe essere altrimenti - ma che mai le avevano fatto fare marcia indietro sulla sua vita. Non aveva mai fatto venir meno il suo impegno per costruire il suo futuro. Che ieri è diventato il suo passato. M.D.













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