Borgo, un’intera scuola in lacrime

Tutti i compagni di Simone Casagrande riuniti nell’auditorium assieme ai professori: «Riuscivi sempre a farci sorridere»


di Marika Caumo


RONCHI VALSUGANA. Straziante. Straziante il dolore di mamma Dilva, travolta dal dolore e sorretta a forza dal marito Michele, che le accarezza dolcemente i capelli. Straziante la tenerezza della fidanzata Sveva, che non ce la fa a stare in prima fila, e un po' dietro, consolata da un'amica gira e rigira tra le mani le foto felici col suo Simone. Straziante la forza della sorella Eliana, che consola la cugina Arianna. Straziante la vergogna del bambino che, sulla cantoria, si nasconde per piangere in silenzio. Straziante il singhiozzo di un vigile del fuoco che, solo, al termine della cerimonia, si lascia andare.

Istantanee dell'ultimo addio a Simone Casagrande, il 18enne scomparso martedì dopo un malore a seguito di un tuffo nelle acque del lago di Caldonazzo. Ieri i "se" ed i "ma" che fin da subito si sono impadroniti dei pensieri di tutti, hanno lasciato spazio ai "perché". Ad un dolore acuto, insopportabile, da togliere il fiato. Da non trattenere le lacrime. Nella piccola chiesetta arroccata nella piazza del paese ha trovato posto solo una minima parte delle persone che ieri nel tardo pomeriggio sono accorsi da tutta la Valsugana per salutare lo sfortunato ragazzo. I più hanno assistito alla funzione religiosa sul sagrato e nella via sottostante. Una folla immensa. Tanti, tantissimi giovani. I compagni di classe della quarta liceo tecnologico, gli studenti e i professori del Degasperi, gli amici di sempre. Per lui il picchetto d'onore dei vigili del fuoco di Ronchi, di cui insieme al papà Michele faceva parte. Lo hanno vegliato tutta la notte, fino a ieri pomeriggio. Tantissimi i pompieri, giunti dall'intero distretto di Bassa Valsugana e Tesino. C'erano gli alpini di Ronchi e dei paesi vicini: Simone e il papà erano anche in questa associazione. E poi il sindaco e la giunta, tutta la comunità stretta attorno ai genitori, alla sorella maggiore Eliana, ai nonni, agli zii e cugini. Sulla bara chiara, circondata da un infinità di cesti e mazzi di fiori dalle tonalità bianche e pastello, il casco da pompiere ed un paio di guanti.

Davanti, accanto al parroco don Augusto, ci sono don Antonio, don Livio, don Celestino, padre Andrea e frate Andrea. A don Augusto il compito di trovare le parole giuste: «Siamo qui a condividere tutti un grosso perché: perché ci hai tolto Simone, perché così presto? Una mamma ieri mi confidava piangendo di non aver saputo rispondere al giovane figlio che le chiedeva “Perché quel sòra, quel che ghe su, non è stato capace di tirare giù suo figlio dalla croce? E non è stato nemmeno capace di salvare Simone, che era tanto buono?“». La risposta sta nell'amore. «Dio non è potente secondo i nostri criteri umani, non e' quel dio potente, onnisciente e sapiente. Il nostro Dio è potente nell'amore». Quindi il suo personale ricordo, quello di un ragazzo attento, vigile, generoso e servizievole: «Lo chiamavo il mio Simone. Era un pilastro, uno che quando c'era da fare per il bene di tutti era il primo a rendersi disponibile, per servire la comunità», ha concluso.

Infine il mesto corteo, guidato da un chierichetto con un bianco palloncino a forma di cuore e la scritta rossa "Ciao Simone". Sul cimitero il saluto della sirena dei pompieri e quello personale degli amici che hanno fatto rombare le motociclette. Da lassù lui li ha sicuramente sentiti.













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