Bimbi intossicati dai pomodorini anche a Padova

E’ successo giovedì, il giorno prima dell’episodio all’Arcivescovile. Anche in Veneto erano arrivati in classe col progetto «Frutta nelle scuole»



ROVERETO. «Bruciore alla gola, nausea, vomito, crampi addominali». I sintomi sono identici, ma cambiano giorno e zona: a patire una intossicazione del tutto simile a quella sofferta dai 30 ragazzi dell’Arcivescovile, sono stati 132 alunni di sei scuole diverse della provincia di Padova: Trebaseleghe, Fossalta, Sant’Ambrogio, Silvelle, Torreselle e Ronchi. E’ successo giovedì scorso, il giorno prima dell’episodio roveretano. Ed anche in quel caso sotto accusa sono finiti i pomodorini arrivati nelle sei scuole nell’ambito della campagna di educazione ad una corretta alimentazione. Secondo uno dei dirigenti scolastici, «erano evidentemente marci». Tanto che nella sua scuola, a Piombino Dese, sono stati bloccati dagli insegnanti prima della distribuzione. Ed è stata l’unica scuola a non lamentare problemi per quella intossicazione alimentare che ha invece colpito un terzo dei 400 alunni complessivi delle altre sei elementari della zona. Possono essere solo indizi, ma in attesa dell’esito delle analisi (commissionate anche in Veneto come in Trentino dalle aziende sanitarie) sembrano abbastanza significativi.

Nella provincia padovana, dove evidentemente i genitori sono un po’ più sanguigni dei tranquilli roveretani, è già partito un tam tam per il boicottaggio del progetto «Frutta nelle scuole». Già in altre occasioni, dicono laggiù, i prodotti arrivati in classe non apparivano della qualità necessaria per essere forniti a dei ragazzini. E c’erano già state lamentele. Ora il caso dei pomodorini e dei 132 intossicati ha spinto anche i più moderati a rompere gli indugi. Se lo scopo è educare i ragazzini al consumo di frutta e verdura come alternativa alle merendine, molto meglio istituire una giornata a settimana di merenda «ortofrutticola» lasciando ai genitori il compito di fornire i piccoli di prodotti di qualità. Fermo restando che l’iniziativa può anche essere lodevole, è il concetto, mandando i ragazzini all’ospedale fosse anche solo per un attacco di diarrea, si ottiene l’effetto opposto.

Tornando a Rovereto, finchè non saranno resi noti i dati sulla provenienza dei pomodorini e le analisi non avranno appurato se siano stati proprio loro i responsabili dell’intossicazione, non si può ovviamente dire che fossero della stessa partita che il giorno prima aveva falcidiato i ragazzini padovani. Ma se alla fine dovesse risultare proprio così, la mancata segnalazione del problema del giorno prima diventerebbe un’ ulteriore macchia su tutta una organizzazione (gestione del progetto, controlli, sanità) che forse a questo punto ha per prima interesse a fare chiarezza in fretta. (l.m)

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