Arte: il Mart si sposa col Musée d'Orsay e va a Parigi

Il 26 aprile si inaugura la mostra di Severini in co-produzione con il museo francese francese


Paolo Mantovan


ROVERETO. Un museo grande non può essere un grande museo da solo. E così il Mart s’è sposato con il Museo D’Orsay di Parigi, il numero uno al mondo per l’arte dell’Ottocento (la più amata non solo dagli italiani), e ora eccoli sfoderare l’apertura di una mostra costruita insieme.

Una mostra a Parigi. Nel tempio dell’impressionismo, nella capitale dell’arte moderna. Mart, D’Orsay e Orangerie insieme per una grande esposizione su Gino Severini. La novità è che si tratta di una co-produzione. Rovereto e Parigi sullo stesso piano. Mica male. Una co-produzione non è una cosa da tutti i giorni. Una collaborazione (ossia: io presto una cosa a te e tu presti una cosa a me) è sempre un bel risultato, ma una co-produzione significa essere partner alla pari. Mettersi davanti a un tavolo in due e decidere assieme come costruire una mostra, come impostare una politica di ricerca, di cultrua e di marketing.
Se poi la co-produzione è con il Musée D'Orsay, niente meno, è come giocare in Champions League, anzi, è quasi vincerla la Champions.  Martedì 26 aprile, ci sarà il vernissage, l'inaugurazione (scriviamo un po' di francese e di italiano insieme, ci facciamo contagiare) a Parigi, nel Museo dell'Orangerie, un tempio ("controllato" dal D'Orsay) in Place de la Concorde (la piazza più grande di Parigi) nel Jardin des Tuileries.

Per il Mart è un grandissimo risultato. La mostra su Gino Severini (un grande italiano da riscoprire) è un'idea che nasce da Gabriella Belli dal presidente del D'Orsay, Guy Cogeval, e da Marie Paule Vial, ed è curata dalla stessa direttrice del Mart Gabriella Belli, con Daniela Fonti, l'autrice del catalogo generale su Severini (in sostanza il "testo sacro" su Severini).  La mostra ora approda a Parigi ma in settembre sarà al Mart.  «E la primogenitura francese mi è sembrata assolutamente naturale, giustissima» spiega Gabriella Belli mentre prepara la valigia con cui volerà verso l'Orangerie. Come sempre, nelle occaasioni che meritano, Gabriella Belli è molto più che espansiva, è straripante. Noi cerchiamo di contenerla.

Direttrice, che cosa rappresenta per il Mart questa collaborazione?
Non è una collaborazione, è una co-produzione!

Sì certo, l'abbiamo spiegato qualche riga sopra. Allora, comunque, diciamo: che cosa significa questo stretto rapporto con il D'Orsay?
Guardi, sono giornate fantastiche, abbiamo appena concluso l'allestimento della mostra di Severini a Parigi, sono tornata per la Pasqua qui, in Trentino, poi ritorno in Francia per il vernissage. È davvero un risultato che dà grande visibilità e che costituisce un mattone importante nei rapporti con i musei più celebrati...

Cosa ha portato in dote il Mart?
Ci sono cinque opere che fanno parte del nostro fondo. Ma chiaramente c'è tantissimo materiale francese, poi ci sono opere di Severini che vengono dal Moma di New York, dal Guggenheim, dalla Kunsthalle di Karlsruhe, dalla Pinacoteca di Brera...

Si fermi, si fermi. E opere di privati?
Ma certo, ci sono anche pezzi importanti provenienti da collezioni private. Ed anche questo è un grande risultato.

Direttrice, perché una mostra su Severini?
Volevamo riportare in Francia questo grande artista. Gino Severini (nato nel 1883 a Cortona, morto a Parigi nel 1966), mancava dalla Francia dal 1967, quando fu allestita una grande mostra al Museo d'arte moderna come omaggio a un anno dalla sua morte. Era un artista diviso a metà: metà italiano e metà francese. Lo diceva lui stesso.

Le rubo un po' il mestiere e cito io le parole di Severini. L'artista disse: «Le città alle quali sono più attaccato sono Cortona e Parigi. Fisicamente sono nato nella prima, ma, da un punto di vista intellettuale e spirituale, nella seconda». Proprio così. Amava l'Italia quanto Parigi. E Severini porta con sé per tutta la vita queste due anime. È di una complessità straordinaria: ha partecipato a tutte le stagioni del Novecento: avanguardista, cubista, futurista, è un grande interprete del neoclassicismo.

C'è un destino incrociato anche con il roveretano Fortunato Depero?
C'è ovviamente una vicinanza negli anni d'oro del Futurismo. E poi nel 1925 quando Depero sbarca a Parigi. Ma mentre il roveretano si getta nel design, Severini mostra un profilo mistico. NOn erano dialettici tra loro. Severini ha una idea molto etica della pittura e dell'arte. E poi non è mai stato legato al fascismo.

In Francia, dunque, per riproporre il Severini non sufficientemente celebrato. Abbiamo voluto mettere in mostra tutto il percorso artistico, la sua evoluzione che, le ripeto, è davvero straordinaria. E poi il periodo del classicismo in cui lui è rivoluzionario, e anche il periodo cubista e cubo-futurista che i francesi conoscono meno.

Com'è scoccata la scintilla di questa mostra?
Abbiamo accarezzato l'idea io e Guy Cogeval due anni fa. Ed è grazie proprio a lui, che è un presidente che ha una fortissima sensibilità per l'arte italiana, che siamo riusciti a realizzare questo progetto. Perché gli italiani, tranne De Chirico e Morandi, sono sempre difficili da imporre all'attenzione, soprattutto in Francia.

Continuerete a co-produrre?
Lo speriamo. Intanto comunque ci godiamo la mostra dell'impressionismo a Rovereto e questo Severini a Parigi.













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