«Alzheimer, qui vediamo di tutto Ma i veri malati sono i famigliari» 

Il Caso della settimana. Una mattina nel Centro diurno di Trento e al Nucleo Arcobaleno: le attività per tenere “viva” la coscienza degli ospiti che lentamente perdono loro stessi e i ricordi. «Ma sono le famiglie a soffrire di più e noi cerchiamo di prenderci cura anche di loro»


Luca Petermaier


Trento. Qui al Centro diurno Alzheimer di via San Giovanni Bosco ne hanno viste (con rispetto parlando) di tutti i colori. C’era l’ospite che parlava da sola davanti allo specchio del bagno perché non si riconosceva; l’altra paziente, tabagista da una vita, che all’improvviso aveva smesso di ricordarsi come si fuma e veniva aiutata da un’altra ospite che ancora lo sapeva fare oppure quell’anziano che se non lo fermavi continuava a camminare per le stanze del centro, senza meta e senza sosta, ma stupendosi ogni volta del luogo “nuovo” in cui si ritrovava. «Eppure - afferma senza temere di risultare provocatoria Giorgia Caldini, la coordinatrice del Centro - secondo me quando si parla di Alzheimer i veri malati non sono gli ospiti, ma i famigliari. I pazienti perdono lentamente coscienza di sè e dei loro affetti, mentre ai loro cari viene consegnata la diagnosi di una malattia senza un libretto delle istruzioni per affrontarla. In poco tempo ho visto figli, mariti o mogli di pazienti diventare loro malgrado infermieri, farmacisti, psicologi, fisioterapisti, gestori di conti correnti. Insomma: tutto quello che - di punto in bianco - si deve fare per sostenere un famigliare affetto da demenza».

Il Centro diurno

Al Centro di Trento lavorano 11 operatori che gestiscono complessivamente 40 pazienti, ma solo in 23 contemporaneamente possono essere ospitate nella struttura. Qui si entra nella fase iniziale o intermedia della malattia, quando ancora le risposte cognitive del cervello sono sufficienti e c’è autonomia di movimento. «Dividiamo gli ospiti in due gruppi a seconda dello stadio di avanzamento della demenza e proponiamo vari tipi di stimolazione cognitiva» - spiega la coordinatrice. «Dalla musica, al canto, dalla cura delle piante alle passeggiate fino a quella che noi chiamiamo “reminiscenza”: un dialogo basato su foto, oggetti, rumori in grado di stimolare il ricordo individuale».

Il senso di questo luogo

In un luogo in cui (parole della coordinatrice) «i pazienti ti dicono che hanno l’Alzheimer come se ti dicessero che indossano la giacca blu» vien da chiedersi: «Che senso ha impegnarsi nella stimolazione di persone già compromesse nelle loro capacità cognitive e che, soprattutto, dimenticano subito (quasi) tutto? «La domanda è sensata - replica Caldini - e le rispondo così: sui pazienti lavoriamo per il “qui e ora” sapendo che il giorno dopo dovremo quasi sicuramente ricominciare daccapo ma comunque riusciamo ad avere dei benefici. Per i famigliari, invece, l’obiettivo è di prospettiva: li aiutiamo ad elaborare una strategia di gestione per stare meglio loro quando si trovano insieme al famigliare malato».

Qui i pazienti sono soprattutto donne (l’Alzheimer colpisce loro in particolare) si muovono liberi e paiono a proprio agio. Chiacchierano, sorridono, magari si arrabbiano per un’inezia ma quasi tutti (nonostante la malattia) si rendono conto di una cosa: di non trovarsi a casa propria. «È una sensazione comprensibile - assicura Giorgia Caldini - anche se qui tutto va relativizzato visto che alla maggior parte sembra di essere al Centro per la prima volta anche se ci vengono da mesi o da anni».

L’Alzheimer è una malattia degenerativa per la quale non esiste cura. Dopo la diagnosi il destino è segnato. Ma è una malattia subdola perché (almeno all’inizio) il paziente appare fisicamente uguale a prima. È la testa che non va. «Ed è proprio questo a lacerare le famiglie che faticano a farsi una ragione del fatto che quella non è più la stessa persona di prima. Può sembrare una cosa forte da dire, ma i famigliari allentano la tensione e cominciano a stare meglio man mano che il paziente peggiora: solo allora razionalizzano la malattia. Ed è un sollievo».













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