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Sant’Anna di Sopramonte, indagine tra le tombe medievali

Grazie a un’intesa tra Asuc, Università di Padova e Soprintendenza per i beni culturali riprende vita la storia dell’antico monastero

(Foto Asuc Sopramonte)


Ilaria Puccini


SOPRAMONTE. Uno spazio all’aperto per permettere a giovani archeologi e antropologi di uscire dalle aule di laboratorio per mettersi alla prova sul campo guidati da esperti, e al contempo per dare ai visitatori l’opportunità di incontrarli e conoscere da vicino la loro attività di ricerca e la storia trentina. Due giovedì fa, a Sant’Anna di Sopramonte, la Summer School in Antropologia Fisica dell’Università di Padova, l’Asuc di Sopramonte e la Soprintendenza per i beni culturali hanno aperto al pubblico gli scavi archeologici dell’antico cimitero del monastero di S. Anna.

Una struttura databile al basso medioevo - nei documenti è ricordata per la prima volta nel 1234 - che nel 1449, quando l’area fu trasformata in residenza estiva per i preposti della cattedrale di Trento, fu soppressa. Il tempo tuttavia non ha cancellato del tutto le tracce di questo luogo, e ad aiutarci a ricostruire la storia di questa struttura e dei suoi abitanti sono le tombe, i cui scavi, dopo un periodo di caratterizzazione dei terreni, sono partiti nel 2017. In seguito il sito è diventato luogo di ricerca per il Dipartimento di Biologia e Museo di Antropologia dell’Università di Padova, la cui Summer School è giunta al quarto anno: «Ormai per quest’estate abbiamo concluso - spiega l’antropologo Nicola Carrara - ma negli ultimi giorni abbiamo già individuato nuove sepolture e quindi speriamo che l’attività possa proseguire l’anno prossimo».

Finora, nei 140 strati di terreno - inclusi i vari rimaneggiamenti e rimescolamenti operati nei secoli - sono state individuate 19 tombe più altre 4-5 tracce di individui sepolti. «Ma stimiamo che potrebbero esserci fino a 40, 50 sepolture contando anche gli strati di terra più profondi e meno manomessi, dove ancora non abbiamo scavato» aggiunge Carrara. Le caratteristiche dei resti rinvenuti raccontano di una popolazione composta all’incirca dallo stesso numero di uomini e donne, succedutosi nei 200 anni di vita del monastero, di dieta in prevalenza vegetariana, caratteristica assimilabile a un monastero di regola agostiniana dove alla preghiera si alternava la coltivazione dei campi. Le tombe sono inoltre disposte in maniera allineata, con due coppie di pietre di dimensioni uguali posate all’altezza della testa e dei piedi: un dettaglio, spiegano gli archeologi, che indicava la presenza di assi a chiudere la tomba per mantenere al meglio il corpo seppellito secondo il valore datogli dalla religione cristiana.

I defunti sono deceduti tra i 30 e i 40-45 anni di età e in alcuni casi è stato possibile stimare la statura, con un individuo maschile di 171,7 cm e due femminili di 155 cm. Sono inoltre stati rilevati i segni di alcune malattie dei denti e delle ossa. Negli scavi la terra ha restituito anche diversi frammenti di manufatti, tra cui due perle di rosario, assimilabili all’usanza tardo-medioevale di seppellire i morti con il rosario, e alcuni filamenti in oro provenienti da una tomba più nobile; ma ci sono anche resti non appartenenti ai corredi funerari, provenienti dallo spostamento della terra circostante.

Un patrimonio magari poco apprezzabile a un livello estetico superficiale, ma che se collocato nel giusto contesto, valorizzato da spiegazioni e un adeguato supporto grafico, può dare ancora più rilievo alla storia di questo luogo, afferma l’archeologa della Soprintendenza Nicoletta Pisu. «La forza di questo progetto - aggiunge - è che unisce in maniera interdisciplinare la ricerca di archeologi, geoarcheologi e paleoantropologi, ed è il risultato degli sforzi congiunti di Asuc, Soprintendenza e Università, che hanno fornito le proprie competenze per ricostruire la storia di questo luogo unico» .













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