LA STORIA

Ogni anno regala 180 Stelle di Natale  ai pazienti di Oncologia dell'ospedale di Bolzano

Dal 2011, una bolzanina le lascia nella notte tra il 27 e il 28 novembre. Un pensiero al marito che non c'è più, e un messaggio a chi combatte


di Luca Fregona


BOLZANO. La chiameremo Stella, come le 180 Stelle di Natale, che ogni anno, nella notte tra il 27 e il 28 novembre lascia nella sala d’attesa del Reparto Oncologia al primo piano del San Maurizio. Lo fa da quando è morto suo marito, sette anni fa. La mattina del 28 i primi pazienti che arrivano già alle 7, trovano un fiore, una fetta di torta fatta in casa, cioccolatini e biscotti.

«Per molto tempo - racconta lei che vuole restare anonima - ho accompagnato qui mio marito. Ho sempre pensato che dovessi fare qualcosa, un piccolo gesto per chi si trova in questo stanzone ad aspettare...».

Un posto dove quasi ognuno di noi è passato: insieme ad una persona che amiamo o per farci curare. Una visita, un prelievo, la chemio, i drenaggi, un dubbio che ci angoscia... Tutti sappiamo com’è la sala d’attesa dell’Oncologia. E se non lo sappiamo, non è difficile immaginarlo. Un luogo di confine dove si toccano vita e morte. Dove si decide il destino nostro e dei nostri cari. Non è un luogo come gli altri. «L’atmosfera è difficile, pesante, pervasa di tristezza e angoscia». Un posto- come dice Stella - drammaticamente anonimo. Poltroncine in pelle arancio e blu anni Ottanta, pile di riviste per “non pensare”, tipo “Chi” o “Novella 2000”. Pareti spoglie spruzzate d’arancio e verde sbiadito. La mattina arrivi, la sala è piena e aspetti il tuo turno. Non c’è colore, la luce è al neon, non esistono finestre, i pazienti stanno uno attaccato all’altro. Il problema è noto, più volte i medici lo hanno fatto presente. Il primario Graiff, andato in pensione due anni fa, l’aveva capito. Ha portato in Oncologia i donatori di musica. L'obiettivo non era consolare ma, per quanto possibile, alleggerire. Al centro della sala d’attesa c’è sempre il pianoforte. Ma non basta. «Infermiere, capo sala, medici, fanno un lavoro pazzesco - dice Stella -. Questo è uno dei reparti più duri, non possiamo pretendere che siano loro ad occuparsi anche del decoro della sala».

E così, si è detta Stella, perché non posso fare io qualcosa? Perché non portare un po’ di vita in tutto questo bianco-e-grigio? Ci pensa già mentre affianca il marito durante la malattia. Nel 2011 il cancro glielo porta via per sempre. Un cancro di quelli bastardi. Che ti illude di averlo sconfitto ma poi ritorna. È un distacco lungo, cosciente, doloroso. Lei rimane sola con i tre figli giovanissimi e il futuro spezzato. Perdere un padre quando non sei ancora uomo è come essere lasciati soli nel buio. Non è facile trovare la forza di alzarsi dal letto la mattina. Stella e i suoi ragazzi, quella forza, la trovano. I fiori sono la chiave. Un pensiero a chi non c'è più e un messaggio delicato per chi combatte.

La dirigente della sala dà il via libera. È la dottoressa Judith Stocker. Con lei hanno un legame molto forte: «Una donna che si fa carico dei suoi pazienti. Potevamo chiamarla ad ogni ora del giorno e della notte. Lei c’era sempre». Stella e i ragazzi arrivano alle sei di sera, quando in reparto non c’è più nessuno. Portano 600 rose di tutti i colori. Ogni rosa ha il gambo avvolto nella carta d’argento e un nastro dorato che scende lungo lo stelo. Il figlio più piccolo, che allora aveva 11 anni, attacca ad ogni fiore una letterina con una frase scritta di suo pugno: «Prendi una rosa e sorridi». «Una rosa per la vita». «Che oggi sia per te un giorno speciale»... Stella prepara anche le torte: ai lamponi, al cioccolato, alla nocciola. Lei e i figli sistemano tutto con cura sui tavolini. Le rose nei vasi in modo che il giorno dopo ogni paziente possa portarsene via una. Alle nove di sera è tutto pronto. Ci penseranno poi le infermiere a distribuire dolci e caramelle.

Stella pesa le parole per descrivere quello che fa: «La speranza è portare un piccolo beneficio, una piccola luce in una mattinata trascorsa qui in attesa della terapia». L’appuntamento si ripete di anno in anno. Le rose vengono sostituite dalle Stelle di Natale, ancora più belle e in atmosfera con la festa che si avvicina. Le amiche vengono ad aiutarla. Danno una mano anche le donne delle pulizie e gli uscieri. Un gesto che unisce tante persone. Come il fioraio che le ha donato duecento stelle di Natale perché aveva vissuto la malattia da vicino. Aveva accompagnato il fratello nella sala d’aspetto, e capito in pieno il senso della cosa. Ancora oggi vuole pagare una parte delle piante. I pazienti e le pazienti ogni anno ringraziano commossi e con pudore, in modo delicato e riservato.

Martedì scorso, Stella si presenta puntuale in Oncologia alle sei di sera. Sistema i fiori sui tavolini, sul pianoforte, vicino alle poltroncine. Posa le torte e i torroncini. Tutto è pronto. Tutto profuma di buono.

E il rosso, colore della vita, dell'amore e delle passioni, è intenso.













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