Le grandi firme e il loro undici ideale / Antonio Gurrado


di Carlo Martinelli


La sua è una squadra mista. Con due donne e un essere inanimato, quattro stranieri, di cui due russi, e soltanto un calciatore, ma con tre persone che del calcio hanno fatto ragione di vita e di bellezza. Si è dato un solo limite Antonio Gurrado - caustica penna de “Il Foglio” ed oggi chiamato - nella consueta amabile conversazione - a declinare il suo undici ideale. Il limite è stato quello di includere solo persone che avessero una chiara connessione allo sport, altrimenti, dice, “avrei finito per metterci dentro Papi, sovrani, immortali a vario titolo e, come dire, ne avrebbe risentito l’amalgama”. 

1. Lev Yashin. “Se è obbligatorio partire da un vero portiere di calcio, il numero 1 spetta a Yashin. Non è solo un portiere, è un’idea, un’ombra nera che si allunga a coprire l’intera porta e che, ai miei occhi, è sempre parso un baluardo invalicabile della storia, un termine di paragone assoluto contro cui si sarebbero sempre infrante sia le velleità degli attaccanti (“Se c’era Yashin, Cristiano Ronaldo faceva il modello”) sia quelle dei portieri (“Buffon è bravino, ma Yashin è un’altra cosa”)”.

2. Yelena Isinbayeva. “Terzini, due atlete estreme. La Isinbayeva per me è una specie di dea ragione, quando si concentra prima di un salto e osserva non so cosa dentro di sé, strologando e computando prima di lanciarsi coi primi balzi, asta in resta, per produrre un gesto di bellezza assoluta”. 

3. Martina Hingis.  “Una  mia quasi gemella; me ne innamorai sportivamente vedendola a un torneo under 16 che vinse a dodici anni. Inadeguato coetaneo, quando diventò precoce professionista potei soltanto tifare per lei lungo un intero anno di tornei vinti infallibilmente, in attesa dell’altrettanto infallibile oblio prematuro”. 

4. Luciano Bianciardi. “In un centrocampo di scrittori, portatori d’acqua e d’inchiostro regista è Luciano Bianciardi, l’uomo che capiva la realtà e ne viene tradito ognora, finendo per tracciare geometrie perfette in una Milano immaginaria, dove boom economico e Risorgimento si fondono perfettamente (leggete “Aprire il fuoco”, se non l’avete ancora fatto); altrettanto immaginarie e splendide le lettere che si scriveva da solo nella rubrica della posta affidatagli dal Guerin Sportivo, poi rispondendosi”.

5. Alberto Braglia., “Difensori centrali, due pietre miliari. Braglia, panettiere balbuziente che fa della vittoria una cosa normale. Vince l’oro alle Olimpiadi special del 1906 e Vittorio Emanuele III lo ricompensa come un posto da operaio nella Manifattura tabacchi di Modena; vince anche le olimpiadi regolari del 1908 e 1912 e il Re capisce di essere stato un po’ taccagno. Lo fa promuovere a bidello della Scuola di Belle Arti, sempre a Modena (la città che amo e che gli ha intitolato lo stadio)”.

6. Dorando Pietri.  “Fa della sconfitta un mito, tracollando a pochi metri dalla fine di una maratona vittoriosa alle Olimpiadi del 1908; viene sorretto a stento da un signore baffuto che forse è Arthur Conan Doyle, perde e finisce per ricevere dalle mani della Regina d’Inghilterra una coppa che vale più della medaglia”. 

7. Vladimiro Caminiti.   “Ala destra, il gran sabaudo. Siamo sempre sul Guerino, benché in anni diversi, e qualcosa dentro di me s’illude che, se ho iniziato a scrivere alla bell’e meglio, è stato anche perché da bambino anziché limitarmi a guardare le figure cercavo di leggere, interpretare, respirare i suoi vertiginosi corsivi”. 

8. Carlo Felice Chiesa. “Uomo d’ordine col numero 8.  Un qualcos’altro dentro di me, quando ogni giorno mi piego sul quadernino a scrivere la mia rubrica quotidiana per Il Foglio, mi chiedo se sarei arrivata a farlo senza il regolarissimo, arguto, graffiante metronomo con cui la sua “Controcronaca” scandiva i giorni per anni e anni, sul Guerino che mi fu abbecedario”. 

9. Fernando Alonso.  “Il più schietto talento che mi sia capitato di vedere in Formula 1 dopo Senna, anche lui con un obiettivo preciso: ritirarsi dopo aver vinto tre Mondiali. Ne ha vinti due giovanissimo ma il terzo mai, ed è ancora lì che gira. Poiché il mio sogno è sempre stato smettere di scrivere, posso dire che lo capisco”.

10. Gianni Bugno. “Dietro le punte piazzo col 10 Bugno, fuoriclasse assoluto del mio cuore. Lunatico, erratico, fantastico, credo di non aver mai amato nessun atleta in vita mia come lui; con tutto il portato di sofferenze e paturnie che porta con sé l’identificazione mistica del tifoso. Credo sia stato il riconoscimento istintivo di un’affinità caratteriale, tutta bagliori e abissi; l’uomo capace di tenere la maglia rosa dalla prima all’ultima tappa del Giro, o di vincere due Mondiali di fila come se non fosse passato mezzo pomeriggio fra l’uno e l’altro, era lo stesso che si sfilava in salita non appena sentiva che non poteva vincere, e che definì la propria carriera attorno alla ricerca di ciò che un’ingiustizia della sorte gli impediva di conquistare: non dico il Tour, ma almeno un giorno in maglia gialla”.

 11. Ciao. “Ovvero quella specie di impiccato tricolore che fu mascotte di Italia 90: il Mondiale che venero e che mi ossessiona, il Mondiale in cui ho imparato sulla mia pelle di bambino che organizzazione, talento, bellezza, favore della sorte, maturazione dei tempi e sostegno popolare non sono sufficienti a vincere. Capisco anche lui”.

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Antonio Gurrado si racconta così. “E’ nato in provincia di Bari nel 1980. Vive a Milano e insegna filosofia alle superiori, dopo un valoroso tentativo di carriera accademica fra Pavia e Oxford. È sposato con una tifosa del Bologna che lo accompagna volentieri a vedere il Milan. Da più di dieci anni scrive sul Foglio, dove tiene anche la rubrica quotidiana online “Bandiera bianca”. Oltre a ponderose edizioni critiche e saggi su Voltaire (fra cui “Voltaire cattolico”, Lindau e “La religione dominante”, Rubbettino) ha pubblicato vari libri sportivi: gli ultimi sono “Ho visto Maradona” (Ediciclo) e il freschissimo di stampa “Il romanzo del Giro 1909” (Bolis). Con Francesco Savio ha scritto “Anticipi, posticipi” (Italic) e con Gino Cervi, “Mondiali. Dal 1930 ad oggi” (Bolis).  Quest’estate sul webmagazine Portierevolante.com ha pubblicato una ricostruzione giorno per giorno, in differita di trent’anni, della cronaca italiana durante Italia 90. Ha appena finito di scrivere un bel romanzo ed è in cerca di un editore che ci creda. Se ne conoscete uno, telefonategli”. 













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