FUSSBALLPOLITIK

Con i Ribelli in campo ecco il ’68 nel pallone

Paolo Sollier finisce in copertina in Austria: l’occasione per una rivisitazione del rapporto tra calcio e politica, tra sindacati, beatnik e primi gruppi ultras


Carlo Martinelli


Ballesterer è un mensile austriaco di calcio, tra le migliori pubblicazioni d’Europa in quella particolare nicchia della stampa sportiva che propugna una lettura culturale, quando non sociale, del fenomeno pallonaro. Al punto che si autodefinisce “rivista per l’espansione offensiva degli orizzonti del calcio”. Bene, il numero dello scorso febbraio esibiva una copertina che si faceva notare. A rigor di logica, una forzatura. Perché il Paolo Sollier calciatore a pugno chiuso che ha conquistato la prima pagina, in quel 1968 oggetto più che mai di memorie e rievocazioni (1968 im Fussball l’inchiesta del giornale, non occorre tradurre) cominciava appena la sua carriera pedatoria. Ma è altrettanto vero che se c’è un calciatore italiano (e a questo punto verrebbe da dire europeo, vista la copertina di cui sopra) che incarna lo spirito del Sessantotto, questo è proprio Paolo Sollier.

Lo ha ricordato lui stesso, qualche settimana fa, intervistato - questa volta nel suo Piemonte, da La Stampa - in occasione del suo 70esimo compleanno. “Invecchio con lo spirito del Sessantotto. Sarò sempre quel pugno chiuso. Ho perso, ma non mi arrendo”. Ed infatti nella campagna elettorale appena conclusa, quella che, ironia della sorte, a mezzo secolo dal Sessantotto ha ridotto la sinistra al lumicino e consegnato l’Italia alla balena gialla dei pentastellati e ai leghisti dell’ex comunista padano Salvini, Sollier era in lista con quelli di Potere al popolo.

Con lui anche Renzo Ulivieri, presidente dell’Associazione Italiana Allenatori, uno che è stato sulla panchina di Bologna, Napoli, Ternana, Vicenza, Fiorentina, Sampdoria, Cagliari e che ha sempre professato con orgoglio le sue idee di sinistra in un mondo che all’impegno politico guarda con sospetto e diffidenza, a dir poco.

E comunque, per citare proprio Ballesterer, di certo il calcio non cambiò il mondo nel 1968, ma quello che cambiò il mondo nel 1968 arrivò anche nel calcio. Il pugno chiuso di Sollier, esibito in campo, diventerà una sorta di icona lungo gli anni Settanta che lo videro protagonista soprattutto nel Perugia, in serie A e in serie B.

Nel ’68 è un operaio ventenne, impegnato con i cattolici di Mani Tese. Lavora alla Fiat di Cossato e lì scopre l’impegno politico e il calcio.

“Per me il Sessantotto è stato importantissimo più sul piano dei costumi e dei comportamenti che sul piano politico” dirà a Francesco Caremani che nel 2004 pubblica Il calcio sopra le barricate il cui sottotitolo è già il racconto di quell’anno: 1968 e dintorni, l’Italia campione d’Europa.

Ma il calcio l’ha poi fatto per davvero, il suo ’68? In Francia, forse sì. Lo racconta per bene un piccolo libro pubblicato dieci anni fa, Les enragés du football, ovvero gli arrabbiati del calcio.

La prefazione di Daniel Cohn-Bendit, leader maximo del tempo, ratifica l’importanza di quel che successe, proprio nei giorni del Maggio francese. "Le football aux footballeurs!", ovvero “il calcio ai calciatori!” è lo slogan che compare sullo striscione esposto alle finestre della Federazione francese del calcio, in Avenue d’Iena, numero 60.

La sede è stata appena occupata da una trentina di giocatori provenienti da Parigi e dalla zona circostante, nonché dai redattori della rivista Miroir du football, al tempo segnata da tendenze marxiste. La clamorosa occupazione durerà cinque giorni e sarà contrassegnata da durissime accuse ai “padroni del calcio”.

Gli arrabbiati chiedono il licenziamento degli "egoisti profittatori per rendere finalmente di nuovo il calcio ciò che non avrebbe mai dovuto smettere di essere: lo sport della gioia, lo sport del mondo di domani". Ad esprimere loro solidarietà c’è anche Just Fontaine, che ha co-fondato il sindacato calciatori sette anni prima e che nel 1958, ai mondiali di Svezia, segnò 13 reti in sei partite con la nazionale francese: una media gol mai più superata.

E in Italia? Beh, certamente in modo meno eclatante, ma anche dalle nostre parti qualcosa si mosse, a ben guardare. Il 3 luglio del 1968 l’avvocato Sergio Campana fonda l’Associazione Italiana Calciatori, l’organizzazione che tutela ed assiste i calciatori (mica tutti hanno contratti milionari e carriere dorate, vale ribadirlo...). Chissà se nella scelta di Campana, che nel mitico Lanerossi Vicenza aveva giocato oltre 200 partite e segnato 40 gol, ha giocato un ruolo il vento sessantottardo che allora soffiava, eccome se soffiava.

E certamente il ’68 avrebbe visto come protagonista il beatnik Gigi Meroni, funambolica ed estrosa ala del Torino, se una macchina non lo avesse travolto e ucciso, il 15 ottobre del 1967, quando mancavano appena 78 giorni al nuovo anno, quello che avrebbe incendiato molto e molti e che avrebbe cambiato le cose, comunque, per sempre.

E certamente affondano le loro radici nello spirito libero e libertario del ’68 altri due calciatori che avrebbero illuminato, con le loro estrosità ribelli, gli anni a venire. Si parla di Gianfranco Zigoni, Zigogol per i veronesi che ancora oggi lo considerano una sorta di mito calcistico inossidabile nella città scaligera. Si parla di Ezio Vendrame, il folletto cappellone di Vicenza, genio e sregolatezza totale in campo e fuori, poi poeta e scrittore. Arrabbiato sempre.

Eppoi, sarà un caso, ma è nel novembre del 1968 che nasce, a Milano, la Fossa dei Leoni, considerata il primo gruppo ultras italiano. Nasce nei quartieri popolari di Milano, importa negli stadi slogan e canti mutuati dai cortei politici. E se proprio vogliamo lanciarci, a chi cerca più o meno probabili contiguità tra ’68 e terrorismo, ricordiamo che l’altro storico gruppo ultras legato al Milan, nasce nel 1975 e sceglie come nome... Brigate Rossonere.

Non basta. Le Brigate Gialloblù del Verona, la cui fama destrorsa è ormai assoldata, nascono nel 1971, sapete fondate da chi? Da due sedicenni che militano nelle aree studentesche post-sessantottine, frequentatori del bar Olimpia di Borgo Venezia. E’ anche questo il 1968 del calcio in Italia?













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