Sale slot e distanza di sicurezza il Tar dà ragione al Comune 

La sentenza per Storo. Il ricorso presentato da una società bresciana è stato respinto I giudici: l’individuazione dei luoghi sensibili e dei 300 metri è proporzionale alla tutela dei deboli



Trento. Individuazione delle zone sensibili, distanza prevista di 300 metri. non c’è nulla di sbagliato nella delibera del consiglio comunale di storo che ha recepito quanto previsto a livello provinciale in quella che potrebbe essere chiamata “la guerra alle ludopatie”. a sancire la bontà di quanto deciso dal consiglio lo scorso anno, è la sentenza del tar che ha respinto il ricorso presentato dalla vallegames, società di bagolino, in lombardia appena aldilà del confine provinciale. società che aveva chiesto ai giudici amministrativi di annullare la delibera che individuava i luoghi sensibili per la limitazione alla collocazione degli apparecchi da gioco. una decisione che sarebbe stata sbagliata perché «l’iter istruttorio non ha posto in essere una seria rilevazione dell’esistenza e consistenza delle problematiche legate alla ludopatia sul territorio considerato, oltre alla accurata verifica della composizione della domanda di gioco. manca inoltre qualunque riferimento a documenti e riscontri provenienti dalle autorità competenti che segnalino un impatto concreto di detti giochi sulla viabilità, la quiete pubblica e quant’altro». nel ricorso si evidenzia anche come il provvedimento «è viziato da quello che viene definito “effetto espulsivo”: i metri di interdizione sono talmente ampi e i luoghi sensibili imposti sono talmente tanti e variegati che il territorio comunale di riferimento è risultato nella sua sostanziale totalità vietato (effetto pantera) e non anche caratterizzato da aree di interdizione alternate ad aree in cui sia consentito distribuire il gioco legale (effetto leopardo). le percentuali di interdizione si sono spinte al 96%, se non addirittura 98% o 99% o quasi al 100% in alcuni casi». un divieto che nel ricorso viene definito «irragionevole, sproporzionato, ingiustificato» e che sancisce «in definitiva una compressione della iniziativa economica privata, in contrasto anche con l’interesse erariale a mantenere gli introiti derivanti dal gioco lecito».

Queste le argomentazioni che sono state utilizzate nel ricorso amministrativo, ricorso che è stato ritenuto dai giudici infondato. che così concludono: «tenuto conto dell’obiettivo avuto di mira (prevenire e proteggere soggetti potenzialmente deboli dai pericoli della ludopatia) la scelta complessivamente realizzata risulta essere proporzionata poiché comporta il minor sacrificio possibile per l’interesse dei privati in relazione all’interesse pubblico perseguito: resta possibile l’apertura di esercizi commerciali con apparecchi da gioco nel territorio comunale, ma in un’area più limitata dello stesso e, tendenzialmente, al di fuori del centro abitato».













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