Battisti, un monito contro i nazionalismi

Il sottosegretario alla giustizia Ferri: «Ma ricordiamo anche i trentini morti combattendo per l’Impero». Rossi: «Superare dicotomia martire-traditore»


di Paolo Piffer


TRENTO. «Le foto di Battisti morto impiccato siano un monito per condannare ogni nazionalismo e qualsiasi violenza. Anche oggi». Parte da qui il sottosegretario alla giustizia Cosimo Ferri che ieri, in rappresentanza del governo, ha partecipato alle commemorazioni di Cesare Battisti, l’irredentista, il leader socialista, il giornalista, il geografo, il tenente degli alpini condannato per alto tradimento e giustiziato dagli austro-ungarici, cento anni fa, nel corso della Prima guerra mondiale, nella Fossa del castello del Buonconsiglio. Vestiva la divisa grigioverde Battisti, contro l’Impero di cui era suddito, oltreché parlamentare a Vienna. E al Buonconsiglio e sul Doss Trento, al mausoleo dove è sepolto, si sono tenute le cerimonie ufficiali. In un altro passaggio, il sottosegretario ha toccato corde “sensibili”. Evidentemente bene informato sulle divisioni che ancora oggi aleggiano intorno alla figura del leader socialista. Laddove ha sottolineato necessario «ricordare, insieme a Battisti, anche tutti i trentini che hanno indossato la divisa dell’Impero e che a migliaia sono morti. Perché è importante mettere in rilievo ciò che unisce per evitare strumentalizzazioni». Ferri ha quindi sottolineato «la necessità di riscoprire la statura intellettuale europea di Battisti, il suo ruolo di volontario alpino come l’impegno sociale e il messaggio patriottico per l’unità nazionale».

In precedenza, il governatore Ugo Rossi aveva detto che «è ora di restituire a Battisti tutta la sua complessità depurandola di termini quali “martire” e “traditore”. Sbagliò a pensare che la soluzione fosse la guerra ma non nel pensare ad un Trentino autonomo, italiano ed europeo. Questa terra è un arcipelago dalle molteplici identità e la storia delle sue lacerazioni non va rimossa ma valorizzata. Oggi va fatto uno sforzo di comprensione nei confronti di un uomo che scelse di perseguire le sue scelte fino in fondo. La fine di Battisti è stato un episodio doloroso e triste da ricordare con gli occhi rivolti al futuro guardando ad un’autonomia che ha rappresentato, e rappresenta, la risposta a tante tensioni e contraddizioni e che ha aperto una stagione di convivenza pacifica». Il sindaco Alessandro Andreatta ha incentrato il suo intervento affermando: «Non ci interessano le scorciatoie, quelle tutte incentrate sulla contrapposizione “eroe/traditore”. Sono categorie che a lui stesso non sarebbero piaciute. Piuttosto, concentriamoci sull’umanità vera, tragica, dell’uomo, sull’intellettuale, l’autonomista, il soldato che ha pagato per le sue scelte. Fu vittima dell’ottusità dell’Impero e fece una fine disumana, ritratta da una sorta di “selfie” collettivo ante litteram e dell’orrore. E’ arrivato il tempo di deporre le armi ideologiche. Non si può continuare a vivere nel passato per coltivare identità posticce». Aveva aperto gli interventi Giuseppe Ferrandi, direttore della Fondazione Museo storico del Trentino che da tempo sta lavorando ad una nuova edizione, in più volumi, degli scritti battistiani di cui i primi tomi dovrebbero essere pubblicati a breve. «Non c’è nessuna contrapposizione tra un popolo trentino lacerato, che ha vestito la divisa austro-ungarica ed è stato sfollato – ha esordito – e Battisti. L’importante è non banalizzare. Battisti merita rispetto per le scelte tragiche che ha fatto pagandole con la vita. Purtroppo ci sono ancora manifestazioni di odio e disprezzo nei suoi confronti da parte di una minoranza che sono speculari al mito nazionalista che intorno alla figura dell’uomo è stato costruito dal fascismo. Sono due facce della stessa medaglia. Ora, serve una certa dose di maturità per superare le contrapposizioni».

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