Lo screening di massa in Alto Adige, una ventata di speranza



Il capitale civico è solido. Persino stupefacente per la sua dedizione. Di solito lo si misura attraverso la partecipazione al voto. Questa volta è molto diverso. Non si va infatti al seggio per votare, ma per votarsi a una causa nobile: per offrire una disponibilità individuale che diventa impresa collettiva.

Perché lo screening di massa - una scelta vincente della nostra autonomia che il resto del Paese, a cominciare dal vicino Trentino, dovrebbe copiare - è un’immediata risposta ai nostri dubbi, alle nostre ansie, ma anche ai timori di chi ci vive accanto, inteso come parente, ma anche come conoscente, come persona che sfioriamo per strada e di cui per la prima volta temiamo in modo diverso la vicinanza. E così come il voto è la festa della democrazia, questa chiamata al tampone rapido è stato, in tutto l’Alto Adige, una festa della salute, il primo vero lampo di luce in queste giornate buie, persino un momento di riconciliazione fra i cittadini e le istituzioni.

Fate un test nel test, in queste ore: se non lo avete già fatto, ascoltate chi è stato in coda. Percepirete un clima nuovo. C’è sempre chi si lamenta (anche per colpa del freddo), ma tutti gli altri - che sono tantissimi - hanno vissuto questo momento come un dovere piacevole. Sembra un ossimoro, ma non è così: per questo parlo non solo di senso civico, ma di capitale civico. Piacere e dovere, per una volta, coincidono: è bello, senza spendere un euro, poter sapere finalmente se siamo positivi o negativi ed è bello anche poter essere, orgogliosamente, un frammento della grande fotografia che consentirà a un territorio come il nostro di fermarsi per poi ripartire. Per dieci giorni - salvo complicazioni, come si dice in questi casi - si dovrà fermare chi risulta positivo. Ma poi potremo ripartire. Tutti insieme, magari persino tirando un minuscolo sospiro di sollievo prima di un Natale che è diventato uno spartiacque affettivo, ma anche economico, sociale, psicologico. Non ci spaventa tanto la diversità di queste giornate. Ci atterrisce l’incertezza, l’assenza di un punto d’arrivo definito. 

Come continua a ripeterci il filosofo Galimberti la paura è sana: perché non ci fa sbagliare; perché ci costringe ad una certa attenzione. L’angoscia è invece devastante: perché si riempie di imprevedibilità. La paura è insomma razionale, mentre l’angoscia è irrazionale. E lo screening di queste ore è - insieme ad una gigantesca operazione di buona sanità - una porta blindata che argina ogni angoscia. È una ripartenza. Quasi un azzeramento. Di qui l’adesione di volontari pieni d’entusiasmo, di un mondo sanitario che non ha paura di una fatica trasformatasi in tassello di un mosaico di disponibilità, di solidarietà, di vicinanza. Di qui la grande partecipazione di quasi tutti i cittadini. Certo, è una festa anomala, a tratti struggente - perché troppe persone sono morte prima, uccise da questo dannato nemico invisibile -, ma è un momento finalmente pieno di vita, di voglia di domani, di sana speranza, di timidi sorrisi. 













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