Le fabbriche e la memoria operaia 

Stefano Tovazzi racconta in foto gli opifici dismessi: dalla Sloi all’Italcementi, dall’Alumetal alla Siric. Oggi si apre la mostra


di Giorgio Dal Bosco


TRENTO. Artista fotografo o fotografo artista? Romanziere o poeta dell'immagine? No, cronista no. Semmai uno storico. Comunque un alfiere della memoria trentina. Quale definizione meglio si attaglia a Stefano Tovazzi? Primo Levi definì la memoria quello strumento che, come il mare, può restituirci alcuni brandelli, rottami, magari a distanza di anni. Ecco, le fotografie di Stefano (61 anni) sono appunto come il mare e le sue onde. A osservare le venti foto esposte alla mostra fotografica (inaugurazione oggi martedì 3 luglio alle 18 allo Spazio KN in vicolo dei Dall'Armi, piazza Pasi) crescerà in noi una risacca di ricordi e sensazioni dolci e amare al tempo stesso.

Attenzione, a farci sospirare non sono i (soliti) volti di uomini e donne su cui l'aratro dell'età e della sofferenza ha scavato indelebili solchi. No, sono ambienti e soltanto ambienti di lavoro: nudi, crudi, dismessi, poveri, squallidi, tristi. Eppure ricchi di una umanità perduta, di speranze smarrite, di sofferenze, talvolta di vite perse, spesso placenta di malattie, luoghi di promesse disattese, di volgarità politiche. Qui e dentro il relativo libro di 178 pagine con oltre cento fotografie (“Opifici”), si annida la memoria di operai che hanno venduto la loro salute o, comunque, conquistato di che vivere e la pensione quando e se sono riusciti a viverla.

Stefano Tovazzi con il suo filo d'Arianna, lungo più di quarant'anni, della sensibilità sociale (e quindi sensibilità e amore per l'operaio uomo e donna) ha inseguito gli opifici dismessi. Vi è entrato anche a rischio fisico fotografandone scorci, muri, angoli, cessi, vetrate rotte, macchinari arrugginiti, scritte sui muri, calendari di donne nude ancora appesi a chiodi, sedie solitarie abbandonate. Il tutto immortalato con una tecnica espositiva perfetta, geometrica, ortogonale. Luci e ombre, molti chiaroscuri dentro queste foto (colori e bianco-nero) si rincorrono come i ricordi. Sembra di riascoltare i dialoghi degli operai, le loro preghiere o bestemmie, le promesse sindacali, i giuramenti di lotta e di scioperi. Pare di scrutare ancora l'occhio basso e sfuggente del crumiro del giorno dopo. Si può annusare ancora il sudore della fatica o l'odoraccio di vernici e di oli esausti, rivedere le tute sporche e lacere.

Citiamo alcune delle circa 30 aziende dismesse di cui sono rimasti i ruderi che Tovazzi ha fotografato e che consegna ai nostri figli e ai nostri nipoti perché, come ha scritto l'architetto Wang Shu, “perdere il passato significa perdere il futuro”. Eccone alcune: Sloi, Villa Rosa, Siric, Alumetal, Salumificio Marsilli, Manifattura Tabacchi, Italcementi, Istituto Pavoniano Artigianelli di Susà di Pergine. E ancora: Valman, Marangoni, Zilio. Per una decina di aziende poi l'artista ha sconfinato in Lombardia e in Veneto.

Il suo, sia chiaro, non è un atto d'accusa contro chicchessia. Semmai è un inno alla fatica e al sacrificio. Un omaggio a chi dentro quegli ambienti ha lavorato, una consegna alla storia trentina e non più alla cronaca. Forse è un monito al politico perché non si ripetano più roboanti promesse che mai potranno essere mantenute: certezze di lavori, garanzie di non trasferimenti dell'attività all'estero, di salubrità, di prevenzione.

Tovazzi ha premesso nella prima pagina del libro: “Piena libertà di riprodurre o trasferire in qualsiasi forma o con qualunque mezzo elettronico senza autorizzazione alcuna”. Quale migliore testimonianza del suo appassionato obiettivo di consegnare a tutti questi ricordi? “Le mie foto – commenta - acquisteranno valore fra cent'anni”.

No, l'hanno subito: grande, commovente, semplice, sociale e sociologico. Perfino religioso. Sì anche religioso perché dentro questi ambienti tutti, anche gli atei, cercavano Dio, pur, talvolta, bestemmiandolo.

La mostra sarà presentata oggi dal professor Luca Nogler, docente di Diritto del Lavoro all'Università di Trento. Interverranno anche gli architetti dello Studio di Architettura e Urbanistica Campomarzio. Introdurrà l'incontro il presidente dello Spazio KN Federico Mazzonelli che ha scritto la prefazione al libro.















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