Abuso d’ufficio, indagato Hauser 

Chiusa l’indagine del Noe sulla discarica di Mezzocorona. Secondo gli inquirenti avrebbe consentito alla Adige Bitumi di recuperare  parte dei rifiuti in modo illecito. Tra gli altri sette iscritti nel registro anche la dirigente dell’ufficio tecnico e l’ex dirigente del Sava Anderle



Trento. Tra gli otto indagati per l’inchiesta sulla discarica gestita dalla Adige Bitumi c’è anche il sindaco di Mezzocorona, per il quale viene ipotizzato il reato di abuso d’ufficio, che consisterebbe in una delibera che consentiva, in spregio della norma nazionale, lo stoccaggio di limi in discarica ben oltre i termini dei tre anni.

L’indagine si è conclusa e nel fascicolo sono finiti anche l’ormai ex dirigente del Sava, il Servizio autorizzazioni e valutazioni ambientali della Provincia, Giancarlo Anderle, indagato per abuso d’ufficio e traffico illecito di rifiuti in concorso con altri tre indagati della Adige Bitumi (Massimo Bezzi, responsabile delle cave, della produzione e dell’ambiente, Stefano Bordin, amministratore delegato, e Paolo Tellatin, presidente del Cda). Indagati per abuso d’ufficio, oltre al sindaco Hauser, anche la funzionaria del Comune di Mezzocorona Dora Pasquale, capo del’ufficio tecnico, il consulente dell’amministrazione Mario Bertolini e viene chiamata in causa anche la società Adige Bitumi come responsabile civile. In tutto otto indagati, dunque, e la principale novità consiste nell’iscrizione nel registro degli indagati del sindaco. «Sono sereno e tranquillo perché ho fatto quello che dovevo fare. E sono fiducioso che la magistratura faccia il suo corso e chiarisca al più presto questa situazione»: così ha commentato il sindaco di Mezzocorona, Mattia Hauser, che prosegue: «Vengo chiamato in causa per un'ordinanza del 2019 dove intimavo all'azienda di ripristinare l'area, ma è evidente che un sindaco non inventa un'ordinanza di ripristino ma fa affidamento sulla sua struttura comunale, che a sua volta prende spunto dall'ordinanza del Noe e da altra documentazione tecnica. Il mio Comune e i miei uffici hanno sempre lavorato per il bene della comunità. Mi spiace che qui si parli di limo, dunque di derivati dalla lavorazione della sabbia, come rifiuto quando in altre regioni questo materiale viene considerato una risorsa e viene riutilizzato. Invece qui si continua a parlar male di Mezzocorona, coinvolgendo un'amministrazione comunale per una cava privata, peraltro controllata da un ente provinciale». Secondo le norme invece, dopo tre anni di stoccaggio quel limo, ossia quella polvere di frantumazione e lavorazione dei porfidi, accumulata negli anni in discarica, diventa per automatismo rifiuto speciale. Non pericoloso per l’ambiente, ma da trattare in maniera separata. Da qui il sequestro, avvenuto all’inizio dello scorso anno, di ben 200 mila tonnellate di “rifiuti” costituiti da limi, che ha dato il via alle indagini. L’attività investigativa coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia e condotta dal Noe dei carabinieri di Trento dimostrerebbe che Provincia e Comune di Mezzocorona erano a conoscenza sin dal 2009 della discarica abusiva. I dirigenti delle due amministrazioni, invece di effettuare le attività di controllo previste e informare la Procura, avrebbero rilasciato in maniera arbitraria differenti provvedimenti in deroga alle normative ambientali, permettendo così all’azienda di decuplicare il corpo della discarica. Poco dopo il sequestro, il Comune, anziché imporre a Adige Bitumi il ripristino dell’area, ha consentito all’azienda di recuperare parte dei rifiuti in maniera illecita, anche dopo che i carabinieri del Noe e l’Ufficio giuridico di Appa ne avessero segnalato l’incongruenza, ribadita dal Gip di Trento sull’istanza di dissequestro presentata dal Gruppo Adige Bitumi. Le indagini si sono concentrate sul dirigente Anderle, su cui la Procura ha già avviato altri accertamenti in relazione ad atteggiamenti collusivi con altre imprese. All’accertamento di violazioni da parte di alcune aziende, anziché sanzionarle, Anderle le avrebbe invitate a “riunioni di cortesia” spiegando che avrebbe provveduto d’ufficio a regolarizzare le situazioni più eclatanti, evitando altre verifiche.













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