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Covid, gite scolastiche ancora a rischio tra Green Pass e studenti non vaccinati

Zoller (Buonarroti): “Momenti che costruiscono le relazioni, io sono ottimista). Pasqualin (Trento 5): “Alle elementari preferiamo puntare su uscite all’aria aperta” 


Fabio Peterlongo


TRENTO. In tempi normali, il mese di gennaio a scuola è dedicato all’organizzazione del viaggio d’istruzione (la cara vecchia “gita scolastica”), momento molto atteso dagli studenti. Ma in questi tempi anomali anche la gita subisce le restrizioni dettate dalla pandemia. In generale, sono i singoli istituti a decidere se e come organizzare i viaggi, dovendo però risolvere una complicata equazione con tante variabili, tra Green pass "normale" e "super", nodo trasporti, modalità di pernottamento, differenze normative tra l’Italia e l’estero. E sopra ogni altro interrogativo, quello più difficile da superare: l’incognita dello stato vaccinale del singolo studente, che rimane un atto coperto dalla “privacy”.

E se per le scuole superiori, dove la “gita di quinta” superiore coinvolge alunni maggiorenni e responsabili delle proprie azioni, nelle classi inferiori (in particolare alle scuole primarie), i dirigenti scolastici devono muoversi con prudenza, per non incorrere nel rischio di penalizzare gli scolari non vaccinati per scelta della famiglia. Così, il rischio concreto è che il viaggio d’istruzione salti per tutti. È quello che è emerso dalla nostra conversazione con Laura Zoller, dirigente scolastica dell’Itt Buonarroti di Trento, e Paola Pasqualin, “preside” dell’Istituto comprensivo Trento 5 (le "Crispi").

Preside Laura Zoller, come si organizzano i viaggi d’istruzione in tempi normali?
In tempi normali i viaggi d’istruzione vengono approvati verso novembre nel piano delle attività didattiche e vengono proposti dal consiglio di classe assieme a studenti e genitori. L’organizzazione avviene solitamente a gennaio, quando ci si rivolge alle agenzie di viaggio, sentendone almeno tre per valutare i costi, elemento non trascurabile per le famiglie. Ovviamente viene valutato anche il carattere didattico dell’esperienza di viaggio.

Com’è cambiata la situazione rispetto ai due anni precedenti?
Due anni fa eravamo in lockdown, quindi in pieno isolamento. L'anno scorso invece abbiamo sperato fino all’ultimo, ma, visto che la didattica era in presenza solo due o tre giorni in settimana, i viaggi d’istruzione sono saltati. Quest’anno stiamo cercando di convivere con l’emergenza sanitaria, tenendo la didattica in presenza e con fatica stiamo avendo buoni risultati. I viaggi d’istruzione sono stati programmati a novembre, ma aspettiamo di vedere come evolve la situazione, speriamo davvero di poterli fare. L’ipotesi più concreta è che i viaggi d’istruzione si faranno.

Buone notizie, allora? Semaforo verde per le gite?

Magari spostate un po’ più in avanti nel tempo, verso aprile. Un buon segnale arriva dai 54 nostri studenti che parteciperanno al Treno della Memoria: gli studenti partiranno a fine febbraio e staranno via una settimana insieme ad alcuni docenti. Gli stessi insegnanti hanno aderito entusiasticamente e sono molto motivati. Puntiamo anche ad organizzare una visita presso le istituzioni europee a Bruxelles, sperando non ci siano restrizioni. Gli studenti delle quinte stanno proponendo il viaggio a Berlino, speriamo sarà possibile, anche alla luce dei numeri dei contagi che si stanno riducendo: io verifico ogni giorno ed il miglioramento c’è.

Quanto è importante il viaggio d’istruzione all’interno dell’esperienza scolastica?
Sono momenti che costruiscono le classi e le relazioni. Ricordo dalla mia esperienza di insegnante quanto è importante il viaggio d’istruzione: è un viaggio che crea legami e segna profondamente il gruppo classe e il rapporto tra studenti e insegnanti, perché consente di scoprirsi anche fuori dalla scuola.

Preside Paola Pasqualin, avete programmato delle uscite didattiche?
Non ci sono limitazioni per le uscite all’area aperta sul territorio, a piedi si può andare ovunque. Il problema è quando occorre spostarsi su un mezzo di trasporto o pernottare in un albergo, dove serve il super green pass. Vorrebbe dire chiedere a tutti gli studenti il loro stato vaccinale e non possiamo violare la loro privacy. Non è in linea con il nostro progetto educativo dire agli scolari che certe esperienze didattiche valgono per “alcuni sì e altri no”. E non è giusto scaricare sugli scolari non vaccinati le scelte fatte in ambito familiare.

Quali alternative rimangono per non rinunciare del tutto al viaggio d’istruzione?
Optiamo per attività all’area aperta a breve distanza sul territorio, come esperienze di trekking urbano nei parchi e in città: scoprire le caratteristiche naturali dei nostri parchi di vicinanza è importante, dovrebbe far parte della normalità didattica. Ci dispiace però per l’impossibilità di visitare i musei, con i quali siamo in contatto per organizzare attività all’aperto. Ma lo stato di emergenza è prorogato fino a fine marzo, vedremo come evolverà la situazione.

E per quanto riguarda la gita di terza media? Spesso è la prima esperienza del ragazzo lontano da casa, è un evento che segna molto.
Il viaggio di terza media è una sorta di rito di iniziazione, un viaggio importante che l’anno scorso è saltato ed anche quest’anno è in forse, per via delle restrizioni relative ai trasporti. E non dimentichiamo anche il piccolo “viaggio” a Candriai, rivolto ai bambini di quinta elementare, che li porta a risiedere per qualche giorno presso il Centro di formazione e vacanze, anche quello è un rito di passaggio che ci si ricorda per sempre. Lo abbiamo organizzato a inizio anno chiedendo agli scolari il semplice tampone, vedremo a primavera se e come cambieranno le regole.













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