Vaia, tempo quasi scaduto per il recupero degli alberi 

Le foreste devastate. L’emergenza Covid ha bloccato il consumo di legname facendo abbassare ancora i prezzi Ancora tante piante a terra, ma nel frattempo la Natura ha cominciato a fare il suo corso ricoprendo i versanti più selvaggi


Lino trotter


L’anno scorso, di questi tempi, ci si preoccupava della situazione dei nostri bellissimi boschi sfregiati dopo il passaggio del ciclone Vaia avvenuto nella serata del 29 ottobre 2018, quando sopra il mar Adriatico, che aveva raggiunto temperature eccezionalmente elevate, ebbero origine venti impetuosi e sconosciuti che si incunearono in tutte le vallate prealpine del Nord Est, infilandosi e diffondendosi attraverso i fiumi ed i loro affluenti. La Valle del Vanoi ne è un esempio, osservando bene le zone colpite a pelle di leopardo e la direzione del ciclone che entrato a velocità inaudita dalla Val Cortella, lungo il torrente Vanoi, e diramatosi poi per tutti i suoi numerosi affluenti, è salito sui pendii più esposti. In molte di queste zone colpite del Nord Est, lo scorso anno fervevano i lavori per il recupero dell’enorme massa di legname abbattuto, eradicato e spezzato, stimata in complessivi 8,5 milioni di metri cubi (ho letto che sarebbero pari a 7 volte la quantità di legname lavorata in Italia in un anno), distribuita su quasi 43 mila ettari di bosco tra Veneto, Trentino Alto Adige e lambendo la Lombardia (dati nazionali), indifferentemente su boschi di qualità come quelli della Val di Fiemme o della Val Visdende (Belluno), sia boschi derivanti dalla trasformazione naturale dei prati incolti da decenni. In tutte le zone devastate sono proseguiti per tutto lo scorso anno intensi lavori di recupero delle abetaie, soprattutto quelle di qualità più pregiata, ma anche quelle più vicine alle strade forestali e quindi con minori costi di trasporto su prezzi che scontavano già l’eccesso dell’offerta. I Comuni e i grossi proprietari più svegli hanno costruito con l’occasione strade forestali realizzate per consentire recuperi sostanziosi di legname.

Ancora zone devastate

Ciononostante, guardandosi un po’ attorno, le zone in cui è rimasto tutto come dopo il ciclone sono ancora molto numerose. Il tempo a disposizione per il recupero del legname ci sarebbe ancora, anche se limitato, e i danni potrebbero essere ancora ridotti, soprattutto per i tronchi non adagiati e a contatto con il terreno. Per conoscere la situazione nella Provincia di Trento viene in aiuto il 2° Report 2019 sull’attuazione del Piano d’Azione, pubblicato il 10 aprile 20, aggiornato al dicembre 2019, corredato da foto e grafici, molto approfondito su tutti i vari aspetti coinvolti nel dopo Vaia spaziando da zone interessate, recuperi effettuati e da fare, lotta al bostrico, prezzi del legname. Ne consiglio la lettura a quanti vogliono approfondire l’argomento. Mi limito a riportare che l’area provinciale colpita da Vaia è di 19.500 ettari di cui 12.500 danneggiati in maniera consistente. Corrispondono ad oltre 4 milioni di metri cubi di legname e definiti pari a 9 anni di mancata ripresa del bosco. Alla fine del 2019 il 65% del legname totale schiantato era avviato alla utilizzazione. Considerando poi che ben 450.000 metri cubi non potranno essere utilizzati perché in aree irraggiungibili e critiche, la quota utilizzabile passa a 3,6 mil. di metri cubi lordi e quindi il legname già avviato all’utilizzazione diverrebbe ben il 73%.

Ma quest’anno, quando già si progettava di riprendere i lavori di silvicoltura, un’altra catastrofe è comparsa sulla scena mondiale, meno visibile, più subdola ma anche più letale: il coronavirus o Covid19 che partito in via naturale dalla città di Wuhan in Cina, nell’ipotesi meno scabrosa, velocemente si è sparso in tutto il mondo. L’Italia del Nord è stata particolarmente colpita, soprattutto le persone anziane con malattie pregresse, ma i contagi avevano assunto un’aggressività tale che ha reso doveroso il blocco totale, il tristemente famoso lockdown. Per arginare la pandemia sono stati necessari provvedimenti che in tutta la mia vita non avevo mai visto. Quindi, se siamo razionali, di fronte a 33.000 decessi è relativamente poca cosa che si sia dovuta fermare, contestualmente, l’attività nella filiera bosco-legno anche se ha determinato per alcuni mesi il blocco di tutti i lavori non solo forestali (poi ripresi ai primi di maggio) ma soprattutto quelli edili che costituiscono una delle fonti primarie nell’utilizzo del legname del dopo Vaia.

Bloccato il consumo di legno

Il consumo si è così bloccato nelle regioni della Lombardia e del Veneto, abituali consumatori del legname delle nostre valli trentine. Passando per la Valsugana si notano a Primolano lunghissime file di tronchi accatastati, che provengono dall’Altipiano d’Asiago, e sono bagnati quotidianamente con l’acqua per mantenere una certa umidità del legno, evitarne il degrado e la fessurazione. Questa nuova congiuntura negativa ha comportato infine un ulteriore deprezzamento del legname rimasto (si parla ora di 15 euro al metro cubo) che è ormai da cantiere o da imballaggio. Certo che, con il senno di poi, chi ha potuto venderlo ad imprese estere (il 52% su base nazionale è stato venduto fuori dal nostro Paese), in particolare austriache, ha fatto un ottimo affare perché loro hanno utilizzato manodopera dell’est che permette un risparmio, ma soprattutto avevano possibilità di collocamento rapido sul loro mercato estero e i lotti acquistati sono stati per lo più lavorati e venduti. Probabilmente i lotti aggiudicati da aziende locali o estere saranno portati a termine, però il tempo utile per l’utilizzo del legname a terra, giudicato di due anni al massimo, si sta esaurendo dopo di che per qualche anno sarà utilizzabile come legna da ardere, però di scarso valore, anche energetico, o come cippato.

Gli scenari futuri

E poi? La natura, che non si ferma mai, farà il suo corso. Lo si vede chiaramente confrontando con un flash back la situazione come si presentava lo scorso anno e come si presenta in queste settimane: dove il legname è stato lavorato e il bosco riordinato, tutta la zona è di colore rossastro mentre dove la foresta è stata lasciato così com’era, sono sorti molti alberi nuovi e il verde sta cercando di rimarginare da solo la ferita inferta dalla tempesta Vaia. In altre zone sono iniziati i reimpianti. Nelle zone inaccessibili, perché i pendii sono troppo ripidi, il lavoro della natura è ancora più evidente e veloce: possiamo ben affermare che tali zone sono le uniche rimaste vergini perché inaccessibili all’uomo! Vedendo queste ultime zone mi è venuto in mente il Parco Nazionale Svizzero dell’Engadina, che ho visitato diverse volte negli anni Settanta, dove all’articolo 1 della loro ordinanza costitutiva del 1983, si legge che “la natura viene sottratta ad ogni influsso umano che esuli dagli intenti dell'istituzione del Parco e si lasciano la fauna e la flora svilupparsi in conformità alle loro leggi naturali”.

P.S. Questa volta non voglio corredare le mie riflessioni con foto sulle zone interessate da Vaia ma solo con un bel fiore del pino silvestre maschile, foto scattata alcuni mesi fa nei pressi di una foresta devastata da Vaia nel Vanoi. Come dire che la natura, nel suo millenario divenire, sa offrire perle della sua bellezza anche dopo cicloni e pandemie.

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