la tragedia

«Non sono tornati a casa»: la disperazione dei parenti dei dispersi in Marmolda

Lo strazio delle telefonate di familiari e amici che cercano i propri cari. Una testimone: «viva per aver cambiato idea»

 



TRENTO. Da ieri, 3 luglio, sono arrivate diverse decine di telefonate di parenti e amici che si trovavano in Marmolada. Telefonate che vengono vagliate con attenzione. Alcune situazioni si sono risolte autonomamente. Le altre sono parte di un fascicolo in fase di elaborazione.

Le richieste vengono analizzate e verificate alla ricerca del "filo" che lega tutte le situazioni", racconta all’Ansa Walter Milan, del Soccorso Alpino nazionale.

Come lo strazio dei genitori di Emanuela e Gianfranco che si sono presentati alla sede del Soccorso alpino con la speranza nel cuore: "Io cerco mia figlia e loro il figlio, compagni di vita. Erano arrivati ieri per fare la cordata sulla Marmolada. Non sappiamo niente e sabato è l'ultima volta che li abbiamo sentiti. Erano esperti e avevano anche la guida, non sono sprovveduti. Ma è stata la valanga. Hanno fatto anche corsi. Sono bravissimi" dice la signora con le lacrime agli occhi, utilizzando il tempo presente.

Gianfranco ed Emanuela, 36 e 33 anni, lui di Montebelluna e lei di Bassano del Grappa, erano arrivati a Canazei domenica mattina per salire sulla Marmolada.

È di 7 vittime il bilancio, purtroppo provvisorio della tragedia che ha interessato il ghiacciaio della Marmolada nel pomeriggio di ieri, 3 luglio. Otto i feriti trasferiti negli ospedali di Trento, Bolzano, Belluno, Feltre e Treviso, di cui 2 in gravi condizioni.

Attualmente sono 13 le persone disperse, il cui mancato rientro è stato denunciato dai familiari.

Dieci dispersi sono di nazionalità italiana e 3 di nazionalità ceca. Le autorità stanno ancora accertando la proprietà di 4 delle 16 auto parcheggiate nei pressi dei sentieri che portano al ghiacciaio: tutte hanno targhe straniere (1 tedesca, 2 ceche e una ungherese).

Nella mattinata di oggi, 4 luglio, le ricerche sull’area interessata dal distacco sono proseguite con l’impiego di droni e attraverso il sorvolo dell’elicottero di Trentino emergenza, fino all’arrivo di un temporale nella tarda mattinata. Le ricerche - riprese nel pomeriggio - proseguiranno nei prossimi giorni nello stesso modo, poiché il rischio di ulteriori distacchi non permette di garantire l’intervento da terra.

Viene confermata la chiusura dell’area con ordinanza del sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, mentre sono in corso le indagini tecniche dei glaciologi della Provincia autonoma di Trento.

Si è anche alzato in volo l'elicottero della Guarda di finanza attrezzato con il sistema "Imsi Catcher", per intercettare i segnali dei cellulari accesi. Sono in corso anche le indagini tecniche dei glaciologi della Provincia autonoma di Trento.

Le ricerche dei dispersi - fa sapere intanto il Soccorso alpino trentino - proseguiranno nei prossimi giorni con le stesse modalità attuate oggi, poiché il rischio di ulteriori distacchi non permette di intervenire da terra.

"Le ricerche devono continuare. Per i prossimi giorni abbiamo programmato lo stesso tipo di attività di oggi, ossia il sorvolo con droni, l'individuazione di qualsiasi reperto, si va lì in maniera molto veloce, chi scende dall'elicottero fa una sorta di documentazione fotografica, si prende il reperto e ce ne andiamo via". Lo ha spiegato il presidente del Corpo nazionale del soccorso alpino, Maurizio Dell'Antonio. "Teniamo monitorato il pendio giorno e notte - ha aggiunto - e si va solo a recuperare qualcosa in superficie. Non possiamo più scavare, la massa di neve si è talmente consolidata che non si può incidere nemmeno con un piccone", ha concluso.

"Sono incredula. Io ero lì. Mi sento molto, molto fortunata: tempi diversi, scelte diverse avrebbero sicuramente prodotto esiti diversi. In montagna ci vuole sempre un po' di fatalismo, perché puoi valutare i rischi ma alcune cose sono imponderabili". A parlare è Alicia Chiodi, appassionata di montagna ed escursionista, che domenica 3 luglio ha percorso la via normale della Marmolada arrivando in vetta attorno alle 11.30.

"Ho attaccato la normale verso le 8.30 - racconta - e siamo saliti, c'era un sacco di persone, forse un centinaio, anche un bambino sui 12 anni, e alcune sul sentiero attrezzato che sale sulla Spalla dell'Asino e probabilmente sono quelle rimaste sotto".

Raggiunta le vetta, fatte le foto, seduta a chiacchierare con gli altri compagni di cordata "abbiamo sentito questo rumore che non siamo riusciti a riconoscere - prosegue Alicia - Non ci siamo resi conto di quello che stava succedendo perché era dal primo mattino che si sentivano elicotteri".

Poi la scelta che le ha cambiato il destino. Nella discesa la ragazza ha preferito la ferrata anziché ritornare lungo la normale. E all'uscita dalla via attrezzata c'è stata la scoperta: "Scesi dalla ferrata - racconta - siamo arrivati sul ghiaione e siamo passati sopra i detriti. Lì abbiamo capito, guardando in su. Abbiamo visto questa voragine azzurra sulla cima. Massi di ghiaccio anche da 60-70 centimetri di diametro più o meno alla quota del rifugio Ghiacciaio, a 2.700 metri di altitudine".

 Lì c'era anche Mirco Zanin, che sui social racconta come è scampato al crollo del seracco: "Abbiamo visto la scena dalla cima, non ci sono parole". E c'erano un escursionista e la sua fidanzata, sfiorati dalla valanga. "Ci siamo abbracciati forte e siamo rimasti accucciati mentre la massa di ghiaccio ci passava davanti", raccontano.













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