Psicosi Vaia: la corsa dei privati per tagliare gli alberi nei giardini 

La paura dei crolli. Boom di lavoro per le ditte specializzate. Mauro Fronza: «Almeno il 30% in più di richieste» Nel mirino le piante ad alto fusto. Maresi, Fem: «I rischi ci possono essere, ma prima vanno valutati da un esperto»


Gianfranco Piccoli


Trento. Il rumore delle motoseghe risuona con insolita frequenza nei giardini privati, della città capoluogo e non solo. Giorgio Maresi, dottore forestale della Fondazione Edmund Mach, esperto in stabilità e patologie degli alberi, non esita a definire questo fenomeno “panico da Vaia”. Una sintesi, efficace, di quella paura che gli ultimi eventi meteorologici estremi hanno scatenato nei cittadini e che nella tempesta dello scorso ottobre ha trovato la sua massima espressione.

Gli alberi ad alto fusto – i cedri, gli abeti, i platani ad esempio– che sino a ieri erano visti come la mamma dal cielo nelle giornate più torride dell’anno, una coccola di ombra sulle abitazioni e su chi le abita, da qualche mese sono diventate l’ossessione per tantissimi trentini, che temono di vedere tronchi e rami collassare su case, automobili o – peggio ancora – persone. Un paio di mesi fa un albero secolare si è spezzato ed ha travolto una madre con il figlio piccolo sulla passeggiata lungo il Passirio a Merano. Due settimane fa in via Sanseverino, a Trento, una tromba d’aria ha sradicato un tetto e fatto cadere alcuni alberi: tanti danni, nessun ferito per fortuna. Pochi giorni fa è diventato virale il video di un cedro strappato dal terreno in mezzo ai condomini di Bolzano.

Mauro Fronza, guida alpina, alpinista con un pedigree importante, è contitolare di Altofusto, ditta che si occupa di taglio e potatura di alberi di grandi dimensioni. Fronza conferma che la paura si è trasformata in psicosi: «Dopo Vaia, ma non solo, le richieste di abbattimento di piante nei giardini privati è aumentata vertiginosamente, almeno il 20-30 per cento. Una volta le richieste si concentravano sulle potature, ora chiedono proprio di eliminare gli alberi, soprattutto se nelle vicinanze ci sono stati crolli». Un picco di richieste che le ditte specializzate faticano a soddisfare.

Tra l’altro, a non mettere alcun paletto tra le paure dei cittadini e gli abbattimenti, c’è anche la legge. Fino al 2011, infatti, le norme prevedevano che gli abbattimenti di piante superiori ai 40 centimetri dovevano passare da un parere tecnico. La nuova legge – al netto di aree tutelate – non mette invece alcun vincolo. Chiaro che in un contesto del genere, si assiste ad un taglio di alberi che secondo Maresi è “indiscriminato”: «Ci sono dei rischi oggettivi – ammette Maresi – ma prima di procedere con l’abbattimento di un albero ad alto fusto è opportuno chiedere il parere di un esperto che ne valuti la stabilità e lo stato di salute: se un albero cade, è perché ci sono difetti strutturali o lesioni che un tecnico è in grado di vedere e valutare. Vedo tra l’altro che sono frequenti gli interventi di capitozzatura (una tecnica di potatura che consiste nel taglio dei rami sopra il punto di intersezione con il tronco o altro ramo principale ndr), con alberi di 30 metri ridotti a 15 o 10 metri. Questa tipologia di intervento – spiega ancora l’esperto della Fem – indebolisce molto la pianta, pregiudicandone la stabilità futura». Insomma, per risolvere un problema, se ne crea un altro.

Maresi aggiunge che i problemi che oggi si riscontrano, sono anche figli di un’errata progettazione del verde urbano, con «piante molto grandi inserite in spazi molto piccoli». Ma in generale, il tecnico della Fem ricorda quanto siano importanti gli alberi per il benessere e la sicurezza in città: «Parliamo di cambiamento climatico, ma proprio gli alberi sono un’arma contro questo. Senza contare che nei contesti urbani sono importanti per calmierare le temperature e che le zone alberate rappresentano una naturale risposta al rischio idrogeologico: gli alberi - conclude - riescono naturalmente ad assorbire l’acqua, non certo l’asfalto».















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