Intervista

Marcialonga, tutto cominciò grazie all’oro di Franco Nones

Primo olimpionico italiano della storia dello sci di fondo ai Giochi di Grenoble 1968: "L'unicità di questa gara? Attraversa paesi, non solo boschi". "Alle prime edizioni le donne anziane offrivano agli atleti la grappa per il freddo"

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LA STORIA Gloria Trettel e la Marcialonga, 30 anni di percorso in comune


Daniele Peretti


VALLE DI FIEMME. Franco Nones (anche se di nascita sarebbe Francesco), classe 1941 è la memoria storica della Marcialonga. Fondista azzurro, nel 1964 partecipò alla prima edizione delle Olimpiadi invernali classificandosi al decimo posto ed era anche l’atleta più giovane: ai Mondiali di Oslo del 1966 vinse il bronzo nella staffetta, con Giulio De Florian, Gianfranco Stella e Franco Manfroi. Due anni dopo, ai Giochi Olimpici di Grenoble del 1968, conquistò la medaglia d'oro nella 30 km, divenendo così il primo olimpionico italiano della storia dello sci di fondo e il primo atleta a interrompere il dominio olimpico di Svezia, Norvegia, Finlandia e Urss.

Come nacque la Marcialonga?

Ne cominciammo a parlare nel 1969 in Svezia in occasione della Vasaloppet tra i partecipanti trentini. Ci si lavorò per un paio d’anni e nel 1971 si organizzò la prima edizione.

Di certo una manifestazione di forte impatto, come fu accolta in Val di Fiemme e Fassa?

Non bene e si dovettero affrontare molti problemi. La criticità era data dal passaggio obbligato sui terreni privati che non era cosa gradita per molti contadini. In alcuni casi si dovevano staccare le staccionate o erano i prati ad essere danneggiati: tutti danni che poi si mettevano a posto, ma non andava lo stesso bene.

Cambiarono le cose?

Solo in parte con la Legge Grigolli che stabilì il diritto di transito sulle proprietà private per manifestazioni sportive di interesse nazionale e internazionale. Tuttavia il letame cosparso sulla pista pronta per la gara è cosa avvenuta anche in anni recenti...

Diciamo una mancanza di riconoscenza?

Va detto che la Marcialonga ha un beneficio economico diretto per alcune categorie come gli albergatori che registrano il tutto esaurito almeno per due settimane. Mentre per altre il beneficio è indiretto e se si guarda solo al presente non si può essere contenti.

Però è una gara invidiata.

Certamente. E non solo. La Marcialonga è la madre di quasi tutte le manifestazioni invernali di respiro internazionale che si svolgono in Trentino e se oggi si parla delle Olimpiadi 2026, il merito è anche della nostra maratona invernale.

Il fondo nazionale è disciplina giovane?

Lo è perché il salto di qualità lo ha fatto solo nel 1968 quando col mio oro olimpico tutti si sono accorti dell’esistenza dello sci da fondo. Hanno iniziato a praticarlo e a rispettarci, prima eravamo considerati dei pellegrini.

Come atleta quando è nato?

Nel 1961 quando una squadra sperimentale costituita da amanti dello sci nordico cominciò ad andare in Svezia a rubare il mestiere. Un salto di qualità avvenne con la nazionale affidata a un allenatore svedese.

Che ricordo ha della prima edizione della Marcialonga?

A livello tecnico si percorreva un binario gelato con la neve battuta come capitava. Era un percorso molto duro specialmente nel tratto in salita che da Predaia portava al Passo di San Lugano. Però se la Marcialonga non ci fosse stata, la si sarebbe dovuta inventare.

Se dovesse spiegare a chi non la conosce cos’è la Marcialonga, cosa direbbe?

Una gara di fondo dal punteggio massimo. Una manifestazione invidiata in tutto il mondo e non solo per l’aspetto tecnico e perfino più bella delle classiche scandinave perché si svolge attraversando i paesi e non quasi unicamente nei boschi.

Dalle difficoltà delle prime edizioni alla cerimonia d’apertura in Piazza Duomo, lo avrebbe mai pensato?

Nemmeno in sogno. Però è il giusto riconoscimento per una crescita progressiva sia a livello d’organizzazione che di immagine.

La carenza di neve può mettere a rischio la Marcialonga?

È un problema di difficile gestione perché non è solo la questione della neve, ma coinvolge anche la temperatura e la disponibilità dell’acqua. Ormai sono anni che il tracciato specialmente da Moena in fuori è innevato artificialmente. Per battere la pista non ci vuole un innevamento dell’ultimo minuto e quindi tutto dipende dalla temperatura.

Parliamo del percorso.

Unico nel suo genere. Pensiamo alla Vasaloppet che per 90 chilometri attraversa i boschi. Al contrario la Marcialonga passa tra i paesi, alcuni come nel casi di Masi di Cavalese sono divisi in due parti dall’Avisio e così i settemila partecipanti medi, passano attraverso due ali di folla che li incita, l’arrivo nei centri abitati è contrassegnato dal suono delle campane. Attorno c’è folklore e non si fanno dieci passi senza essere incitati.

Un aneddoto?

Le vecchiette che nelle prime edizioni offrivano ai concorrenti la grappa, preoccupate perché erano sudati e al freddo. Non sapevano che se gli atleti l’avessero bevuta sarebbero stramazzati a terra. Ma anche questi episodi sono serviti per far amare la Marcialonga. Pensiamo agli sciatori nordici abituati a gareggiare in solitudine nei boschi e che arrivano alla Marcialonga che è una grande festa di sport e di paese.

 













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