«Frane, serve un monitoraggio» 

Il futuro del territorio. Il geologo rivano Germano Lorenzi ha partecipato alle operazioni di disgaggio sul Brione alla Grotta: «Nelle prossime centinaia di anni le pareti rocciose franeranno». Suggerisce di «elaborare delle campagne di osservazione e manutenzione per limitare i crolli»  


Gianluca Ricci


Alto garda. Questa volta ci ha pensato l’esplosivo, a togliere i brutti pensieri a chi abita e lavora alla Grotta. Un’ispezione aveva individuato in quel pilastro di roccia un pericolo per tutti e si è agito prontamente. Ma non potrà essere sempre così, a meno che su quel monte non si decida di impostare una campagna di monitoraggio e di manutenzione tale da limitare al massimo i danni che crolli e frane faranno nel prossimo futuro. «Perché sul Brione non si deve pensare se ci saranno nuovi cedimenti, ma quando e dove. Cedimenti infatti ce ne saranno per sempre»: a sostenerlo è Germano Lorenzi, il geologo rivano che l’altra mattina ha monitorato tutte le operazioni che hanno portato all’eliminazione della roccia pericolante.

Componente della commissione edilizia del Comune di Arco dopo esserlo stato di quella di Riva del Garda, membro della commissione per l’aggiudicazione dei lavori del vallo tomo di Linfano e membro del gruppo di lavoro per lo studio del sentiero Ponale, Lorenzi è un grande conoscitore fin delle più piccole pieghe del territorio altogardesano e, forte di anni di studi e di lavoro sul campo, lascia ben poche speranze sull’evoluzione futura delle montagne che circondano “la busa”.

«Per fortuna – avvisa – la misurazione del tempo delle montagne e quella degli uomini è ben diversa. Ciò che è accaduto ed accadrà al Brione, alla Rocchetta e alla rocca del Castello si misura in ere geologiche, mentre noi ci concentriamo sugli anni, al massimo sulle generazioni. Ma nelle prossime centinaia di anni le nostre pareti rocciose sono destinate a franare inesorabilmente. Quello che sta accadendo sopra la paramassi, sopra il vallo tomo, sotto il Castello di Arco e sopra la Grotta è la naturale evoluzione di un lentissimo processo a cui le nostre montagne non possono sfuggire».

Costituite perlopiù di arenaria, ovvero sabbia compattata e indurita da pressioni millenarie, sono sensibili agli agenti erosivi e per questo assai friabili: «Non a caso – precisa Lorenzi – gli episodi di smottamento avvengono nella maggior parte dei casi dopo un’alternanza fra piogge scroscianti e giornate soleggiate. Sappiamo che qualcosa verrà giù, ma non siamo in grado di prevedere con precisione quando e come. Più semplice invece ipotizzare il dove, visto che le fissurazioni e le crepe possono essere monitorate e dunque tenute sotto controllo».

Tuttavia la superficie montana da governare è troppo estesa per poter diventare oggetto di analisi minuziose, anche se sarebbe questo l’unico sistema per non farsi sorprendere da questi eventi. Oggi lavoriamo soprattutto d’urgenza, come negli ultimi due casi, quello della Grotta e della paramassi litoranea. «Più intelligente e sicuro sarebbe – spiega Germano Lorenzi – elaborare delle campagne di osservazione e manutenzione sommaria in modo da limitare al massimo i crolli e i conseguenti danni alle cose e alle persone. Si tratta però di interventi particolarmente dispendiosi, che dovrebbero diventare una delle maggiori preoccupazioni di chiunque si occupi di governare un territorio».

Anche la realizzazione del contestato vallo tomo sul versante orientale del Brione a protezione di alcuni edifici di Linfano investiti qualche anno fa da una grossa frana che avrebbe potuto causare danni ben più consistenti di quelli che per fortuna si è limitata a fare è stata la risposta immediata ad un’emergenza e non certo la lungimirante individuazione di un valido sistema di protezione preventiva. «Opere come il vallo tomo – specifica Lorenzi – sono le difese più adeguate contro certe fatalità, perché meglio delle barriere o delle imbrigliature riescono a smorzare gli effetti più distruttivi delle scariche, anche se in caso di crolli importanti non c’è nessuna struttura in grado di resistere. Ma servono a mitigare eventuali effetti negativi, non certo a risolvere i problemi, come invece sarebbe possibile fare studiando delle vere campagne di prevenzione geologica». Resta il problema dei costi: un tema su cui a crollare sono le casse comunali e provinciali.













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