«Scala e terrapieno costruiti in via Rusca andranno demoliti» 

Il proprietario della casa in centro “tutelata” aveva vinto  la causa in Cassazione ma il Comune non era intervenuto


di Roberto Gerola


PERGINE. Un abuso edilizio confermato tale dalla Cassazione è al centro di un’interrogazione che Claudio Cia ha presentato in Provincia e che vede coinvolto il Comune di Pergine oltre alla Provincia. Si tratta di un’autorizzazione per costruire scala e terrapieno, concessa nel 2006 contro la quale un cittadino di Pergine aveva presentato ricorso per tutelare il proprio edificio (per altro protetto dai Beni Architettonici) in via Rusca nel centro storico. Scala e terrapieno sono stati costruiti con il permesso, in aderenza all’edificio protetto e non a tre metri come si sarebbe dovuto. L’anziano proprietario, noto artigiano da tempo in pensione, «ha cercato - scrive il consigliere provinciale - di difendere con caparbietà i propri diritti in Comune, in Provincia e infine in Tribunale, fino in fondo. La sentenza della Suprema Corte di Cassazione in sintesi, dandogli ragione (a 11 anni di distanza) riprende quanto disposto dalla Corte d’Appello di Trento, condannando la convenuta, ad arretrare il terrapieno e la scala fino al rispetto della distanza di metri 3 dall’edificio». A questo punto, la risposta del Comune all’interessato: «Il titolo edilizio era una Dia consolidatasi nel tempo e avverso al quale l’amministrazione non può intervenire “in autotutela”».

Cia prosegue scrivendo: «Chiedo quindi, se l’Organo di controllo del Comune, fin dal 2006 in presenza di Dia, ha verificato la legittimità delle opere edilizie dichiarate dal privato, perché se ciò non fosse necessario o discrezionale, ogni cittadino potrebbe sentirsi legittimato a presentare qualsiasi Dia per opere edilizie, in barba alle norme. Per i diritti dei danneggiati rimane solo il tribunale, con spese enormi e mai concluse, per veder abbattere quanto avvallato dal Comune e condannato dalla Cassazione. L’ente pubblico può sì incorrere in errore, ma lo strumento dell’annullamento in autotutela ha proprio lo scopo di correggere quanto erroneamente autorizzato». E ancora: «Visto che l’errore è riconducibile all’ente pubblico, lo stesso ente dovrebbe ordinare la demolizione dell’opera eseguita o attivando la revoca dell’autorizzazione “in autotutela” e non costringere l’anziano danneggiato a ulteriori ricorsi in Tribunale».

I quesiti posti alla Provincia: come giustifica il rilascio dell’autorizzazione da parte della Soprintendenza per i beni architettonici, a lavori già eseguiti, non a distanza di 3 metri da un bene architettonico tutelato; come giustifica l’assenza di controllo dei lavori elencati nella Dia del 2006, nonostante i ripetuti solleciti, e per i quali (30 gennaio 2007) il Comune aveva assicurato il rispetto della normativa; chi aveva controllato la Dia; perché il Comune non ordina ora la demolizione come disposto dalla Cassazione.













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