SCIENZA

Mucca pazza, ricercatori trentini scoprono come cresce il morbo

Si apre la strada per la ricerca di farmaci



TRENTO. Per la prima volta è stato ricostruito, attraverso un modello informatico, il modo con cui riescono a replicarsi i prioni, cioè quelle proteine tossiche responsabili del "morbo della mucca pazza": a descriverlo sulla rivista Plos Pathogens è il gruppo di ricerca dell'Istituto Telethon Dulbecco presso l'Università di Trento, guidato da Emiliano Biasini, in collaborazione con l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Inaf).

I prioni sono versioni anomale di proteine normalmente presenti nel cervello dei mammiferi capaci di replicarsi e propagarsi in maniera simile a virus e batteri. L'esatto meccanismo è ancora sconosciuto, ma si sa che possono indurre il cambiamento della loro forma normale in quella anomala, che prende il sopravvento e forma degli aggregati che uccidono le cellule nervose, provocando delle gravissime malattie neurodegenerative.

«I prioni sono agenti tuttora molto sfuggenti per chi li studia, perché non si possono osservare direttamente con i metodi usati di solito», spiega Biasini. La svolta è arrivata grazie all'aiuto della fisica subatomica. Con il gruppo di Pietro Faccioli, dell'Inaf, i ricercatori hanno sfruttato un innovativo metodo di calcolo computazionale derivato da metodi matematici sviluppati in fisica delle particelle, per ricostruirne il meccanismo di replicazione. «Siamo così riusciti a ricostruire il modo con cui i prioni riescono a replicarsi - commenta Giovanni Spagnolli, dell'università di Trento - e vogliamo sfruttare queste informazioni per cercare o costruire molecole per farmaci in grado di bloccare la replicazione dei prioni e il processo neurodegenerativo ad oggi incurabile». 













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