«Chiusura passi, è tempo di decisioni univoche» 

In Valle di Fassa sul tema invece c’è incertezza. Per Girardi (Transdolomites) emerge la mancanza di unità dei ladini. Per Franceschetti «il percorso è in salita»


di Gilberto Bonani


VALLE DI FASSA. Chiusura dei passi dolomitici, transito a pedaggio o approccio dolce premiando i mezzi più ecologici? In attesa dell'estate che verrà la politica cerca soluzioni capaci di raccogliere maggiore consenso (o sollevare meno resistenze) in vista del prossimo appuntamento elettorale.

Il messaggio inviato in questa fase di confronto è di evidente incertezza, conferma ulteriore che il territorio dolomitico invece di unire, divide. Se ne fa interprete Massimo Girardi, dell'associazione Transdolomites da anni impegnato su nuovi (vecchi) modelli di mobilità come la ferrovia.

«Nel dibattito confuso di questi giorni quello che emerge in maniera evidente è la mancanza di unità dei ladini. Prima di tutto - afferma Girardi - le Dolomiti sono storicamente il territorio occupato da questa minoranza linguistica che per millenni lo ha gestito con saggezza e lungimiranza. È compito dei ladini indicare soluzioni a tutela della loro qualità di vita e del futuro a cui aspirano perché prima di tutto è patrimonio loro e poi dell'Umanità. Purtroppo ognuno afferma le proprie priorità, si arriva quindi a soluzioni tentennanti, a scelte al ribasso, alla confusione».

Per Girardi cambiare continuamente rotta è un segnale di debolezza, di incapacità, anche nel gestire un marchio di grande opportunità come quello offerto dai Monti Pallidi. «Purtroppo - conclude Massimo Girardi - il territorio è frammentato dal punto di vista amministrativo in tre regioni (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli) e cinque provincie (Belluno, Bolzano, Pordenone, Trento e Udine). Manca un soggetto politico capace di tracciare un solco su cui muoversi, anche con aggiustamenti successivi, ma comunque su una linea di condotta chiara e riconoscibile. Tutto questo rischia di non raccogliere apprezzamenti, ma solo malumori. L'ipotesi di ferrovia delle Dolomiti, da Trento e da Bolzano potrebbe mettere in maggior comunicazione le comunità delle valli favorendo il dialogo e la crescita delle varie comunità dolomitiche».

Anche Riccardo Franceschetti, assessore all'Ambiente al Comun General de Fascia manifesta preoccupazione per la mancanza di una linea di intervento. «Comprendo gli operatori dei passi che l'anno scorso hanno protestato per la limitazione del traffico in quota. Credo che decidere di non decidere ci faccia solo del male. A breve termine l'accesso libero ai passi sembra portare beneficio, ma nel lungo periodo è una scelta perdente. Rumore, code, inquinamento, carenza di parcheggi danneggiano ambiente e turismo mettendo in conflitto le categorie in valle e quelle che gestiscono esercizi in quota. Attraverso il dialogo è tempo di arrivare a decisioni condivise e difese nel tempo. So che è un percorso in salita, difficile e scomodo, ma non va eluso».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano