Camilleri si racconta: il calcione di Pavolini e la telefonata di Beckett

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Quanti libri ha scritto, Andrea Camilleri. Quante ne ha viste e quante ne ha fatte. Il “papà” del commissario Montalbano, autore anche di decine di saggi e di altri romanzi, sceneggiatore e regista, ha deciso di raccontarci se stesso attraverso gli incontri di una vita, raccolti nel delizioso memoir Certi momenti. Frangenti indimenticabili nel bene – una volta gli passarono al telefono Samuel Beckett, che voleva fargli i complimenti – o nel male, come quando, giovanissimo, fu preso a calci nella palle dal ministro Pavolini perché aveva semplicemente osato dire quello che pensava. Anche le vigliacche percosse fasciste – anzi, probabilmente più quelle della “gelosia editoriale” di Livio Garzanti, per fare un esempio – hanno arricchito quel tesoro di esperienze di vita che ha alimentato, nei decenni, l’inesauribile vena e la lucidissima vis del maestro di Porto Empedocle. Incontri cercati o frutto di contrattempi, con i grandi della cultura italiana – Tabucchi, Pasolini, Gadda, Vittorini, Levi, Croce – ma anche e soprattutto con personaggi assolutamente sconosciuti. Il più significativo ci è parso quello con il comandante Campanella, lo Schettino al contrario che rischiò la vita per salvare fino all’ultimo naufrago del suo “postale” affondato da un siluro della seconda guerra mondiale: ci piace pensare che è da esperienze come quella che “Nené” Camilleri ha imparato il senso del dovere di cittadino che spesso traspare dai suoi scritti. E che ce ne ha fatto innamorare.

Certi momenti
Andrea Camilleri
Chiarelettere
15 euro













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