l'intervista

Io disegno le leggende: l’arte di Giorgia Pallaoro

Dalla passione per la montagna e le sue storie, al lavoro come illustratrice e grafica. Tutto è cominciato con le cartoline illustrate sulla valle del Fersina


Gigi Zoppello


PERGINE. Se Giorgia Pallaoro è oggi una illustratrice affermata, esperta in grafica e comunicazione visiva, lo deve un po’ anche alla val dei Mocheni.

Di Pergine, 31 anni, Pallaoro è partita infatti da lì per un suo progetto personale che l’ha fatta scoprire.

Pallaoro, ci spiega come andò?

È stato cinque anni fa: dopo gli studi all’Artistico e una specializzazione in grafica, avevo svolto diversi lavori. Ma in privato ho iniziato un mio progetto: disegnare cartoline legate ai luoghi ed alla tradizione della Valle del Fersina.

E com’è andata?

Bene: è stato lì che mi hanno notata. Da quel momento ho iniziato collaborazione con enti pubblici, ma anche soggetti privati: oggi sono una freelance e mi occupo di promozione dei territori.

Con i disegni?

Con disegni, la grafica, la pianificazione: lavoro con aziende agricole, agritur, ma anche con Trentino Marketing. Alla base dei miei lavori c’è sempre però l’amore per la montagna. Non una montagna «parco giochi», ma la montagna fatta di storia, tradizione, ambiente... Una montagna dove la presenza umana è sempre rispettosa. Mi piace la promozione del turismo consapevole.

Di qui anche il suo interesse per le leggende?

Sì, è uscito da poco un mio libro, proprio sulle leggende dolomitiche del Rosengarten e di Re Laurino, per le Edizioni Corraini. È uscito per la loro collana “Storie di viaggio”, una serie di libri nati dall’idea di percorrere l’Italia fra storie e leggende della tradizione. Questo lavoro mi è molto piaciuto, perché è veramente nelle mie corde.

Una commissione libera?

Mi hanno cercata loro, avevano visto i miei lavori sulla montagna, e mi hanno lasciata libera di esprimermi. È uscito a dicembre, ora invece mi sto concentrando di più sul paesaggio urbano.

Come disegna? Con il computer o a mano?

No, no, sono al 100 per cento analogica. Parto da un bozzetto a matita, e poi passo a dipingere, di solito a gouache, e poi con matite colorate. Chiaro che in questo momento c’è di tutto, c’è chi produce solo a mano e chi invece solo in digitale, o magari un mix. Ma a me piace lavorare a mano, mi sembra di mantenere più il contatto con l’opera.

Sabato terrà un laboratorio per bambini alla Erickson: come lavorerà?

Il laboratorio per i bambini parte dal racconto di alcune leggende alpine. Poi ogni bambina o bambino può disegnare i «personaggi» secondo la sua fantasia. Così si immaginano l’Uomo Selvatico, o le Anguane. Alla fine, viene realizzato insieme un piccolo libretto per ogni partecipante, che può portarsi a casa.

Ha mai pensato alla graphic novel, o al fumetto?

No, non sono proprio di quel genere di disegnatrice. Io sono una illustratrice, e quello è tutto un altro mondo.

C’è qualche artista che l’ha influenzata?

Sì, ci sono illustratori che ho sempre amato, come Jon Klassen, o Beatrice Alemagna. Ma sono stata ispirata anche dalla mia esperienza visiva, ad esempio osservando quadri o opere. A Pergine, ad esempio, ho sempre ammirato le opere dello scultore e pittore Giuseppe Stefani: realizzati magnifici bassorilievi, ma anche dipinti.

Quindi lei gira in cerca di ispirazioni?

In viaggio porto sempre matita e taccuino. Oppure se vedo qualcosa, la fotografo per ricordarmela: una porta, un oggetto, il castello di Pergine...













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