il personaggio

I suoi abiti sono pezzi unici. La firma, un ciondolo d’acciaio

Arianna Candioli e la passione di creare abbigliamento pensato per ogni singolo cliente


Daniele Peretti


ROVERETO. Per Arianna Candioli un futuro che potrebbe riportarla al proprio passato: gli abiti da sposa. Arianna è una sarta anomala, nel senso che avrebbe voluto fare il Liceo Artistico, ma ha frequentato il linguistico; poi ai genitori che avrebbero voluto un percorso scolastico all’insegna delle lingue ha contrapposto la frequentazione di due scuole di moda a Verona – Italmoda e Officine della Moda – ed alla fine è arrivata la svolta.

«O restavo a lavorare a Verona dove di certo la moda ha molto più mercato rispetto al Trentino, oppure tornavo a Rovereto. Ho scelto questa seconda ipotesi ed ho iniziato a lavorare all’atelier La Primula Sposa dove mi sono specializzata in abiti da sposa e da cerimonia; dopo sei anni sono passata con Marta Dossi dove ho conosciuto un mondo diverso: non più solo vestiti da cerimonia, ma anche abiti da tutti giorni e poi le riparazioni. Nel frattempo ho frequentato anche degli stage, uno alla Hilton, infine nel 2010 la decisione di mettermi in proprio».

Scelta facile?

L’ho fatta nel momento in cui ero convinta di farla. Certo ansia e timori, ma anche sicurezza. Il mio laboratorio era una stanzetta con una vecchia macchina da cucire e ho puntato sulle riparazioni: è stato un successo tanto che nel 2016 ho aperto il laboratorio sartoriale in Viale Vittoria “Arianna C.”.

Solo riparazioni?

No, sono convinta che siano le clienti a darti la linea. Vengono per una cosa e poi te ne chiedono altre e così sono tornata a fare abiti da sposa. Ma con una linea semplice, nulla di troppo cerimonioso, per un abito che possa essere adatto anche ad altre occasioni e questa è una caratteristica che piace molto alle donne trentine.

Cioè?

Se crei un vestito che nel contempo sia elegante, ma semplice e che possa essere indossato sia con una scarpa col tacco, ma anche un paio di ballerine, hai fatto centro. A non piacere è l’abito per una sola occasione, tanti quelli da sposa o da cerimonia che poi ho rielaborato per renderli indossabili nella quotidianità.

Che emozione prova nel consegnare un abito da sposa?

Enorme, direi quasi alla pari di quella della sposa. La consegna di un abito corrisponde al termine di un percorso fatto insieme durante il quale hai condiviso i dubbi, le paure e le gioie. Hai dato consigli, hai aiutato a fare delle scelte come trucco o pettinatura. Arrivi alla fine ed ogni volta è un’emozione.

Fa anche sartoria maschile?

Solo le camicie su misura per le quali ho fatto un corso da Anna Gadotti a Trento. Gli abiti maschili sono troppo diversi da quelli femminili. Cambia tutto dai macchinari alle stoffe. Facevo qualche riparazione, ma poi ho deciso per il solo ambito femminile.

Perché per le riparazioni usa il passato?

Perché non le faccio praticamente più. Mi occupavano troppo tempo e spazio. Preferisco dedicarmi esclusivamente alla sartoria su misura.

Ha una linea personale?

L’ho chiamata “Solo Uno” perché sono capi unici. Creo una o due gonne al mese che esaltano la femminilità puntando sulla valorizzazione dei fianchi. Ho fatto anche dei cappotti col punto vita molto sottolineato. Questi sono capi che rispecchiano la stagionalità, adatti per chi vuole essere certo di essere l’unica ad indossarlo. Penso che la si possa considerare una unicità mondiale.

C’è un tocco tutto suo nelle realizzazioni?

A parte le predilezione per i tessuti a fiori cucio in una parte non troppo visibile, un ciondolino in acciaio che caratterizzerà l’abito. È stato una manina, oppure in un abito in stile marinaro con righe orizzontali bianche e blu un'ancora o una nota musicale per un abito di una cantante di un coro. Diciamo che sono le mie firme.

In un mondo di fantasia non possono mancare i progetti.

Non mancano, ma il principale sono convinta che sarà un ritorno all’abito da sposa, un ritorno alle mie origini che però mi affascina sempre di più.

C’è stata una delusione?

Di recente. Perdere un cliente ormai ventennale al quale confezionavo camicie su misura solo perché l’ultima si è rovinata col lavaggio. Può succedere e mi pareva un problema di facile soluzione. Invece di fronte alla contrapposizione ho preferito interrompere il rapporto che poi è stata una decisione presa di comune accordo.

Per fortuna che non mancheranno le soddisfazioni.

La soddisfazione è quotidiana e la provo ogni volta che mi guardo attorno e vedo dove sono arrivata, partendo piccolina. Anzi sto anche pensando di ingrandirmi, forse ce ne sarebbe davvero bisogno.

Quali sono i tessuti con i quali preferisce lavorare?

Come base naturali o semi naturali, ma consistenti che abbiano uno spessore perché creano volume e aiutano a valorizzare la figura. Su tutti il canvas di cotone.

La richiesta più originale?

Il divertente è che ho delle clienti che oltre a pensarle, poi le indossano realmente e le sanno indossare con naturalezza. Mi viene in mente una professionista che mi ha chiesto di confezionare un blazer con quattro tessuti diversi ovviamente coloratissimi andando verso la primavera estate. Bellissimo, ma non indossabile da tutte.

Come promuove la sua attività?

Ho eliminato il sito che avevo fatto perché troppo freddo, penso che nel mio lavoro sia fondamentale il rapporto diretto con la cliente. Quindi ho punto sia sulla pagina Facebook che Instagram preferendo le animazioni; fondamentale comunque il passaparola tra le clienti e poi è molto importante la vetrina: la maggior parte delle vendite di “Solo Uno” è con gente che passa davanti e li vede esposti.













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