la tragedia

L'esperto della Marmolada: «Il ghiaccio come una lente»

Cagnati: «Grande spessore solo al centro, il detonatore è stata l’acqua di fusione»



TRENTO. Ha uno spessore che al centro arriva ancora a 30-40 metri il colosso bianco della Marmolada. Ma, mano a mano che si va verso i bordi esterni, il ghiaccio si assottiglia sempre più, e diventa come una lente, trasparente. Un filo attaccato ad un treno in corsa.

Distacchi enormi come quello di oggi qui non si erano mai visti. "Ma sono la conseguenza dei cambiamenti climatici, non c'entrano i 10 gradi. Questo era un fenomeno che si preparava da tempo, dovuto al susseguirsi di estati sempre più calde anche a quote elevate" spiega Anselmo Cagnati, glaciologo e nivologo tra i più esperti in Veneto, per molti anni in servizio al centro anti-valanghe dell'Arpav di Arabba.

"Purtroppo - spiega all'Ansa - crolli di seracchi simili sono fenomeni destinati ad essere più frequenti nei prossimi anni. Non è il caldo di un giorno o di un mese che da solo li può provocare".

In particolare per quanto è avvenuto a Punta Rocca, osserva Cagnati, dopo aver visto le prime immagini del crollo, il detonatore "è stata l'acqua di fusione, un fiume che è come un diaframma tra lo strato di ghiaccio e la roccia, che scorrendo per settimane sotterraneamente separa queste parti, causando il distacco".

Secondo il glaciologo, il pericolo sul ghiacciaio è ancora elevato. "Crolli più piccoli ci saranno anche i nei prossimi giorni, non di queste dimensioni naturalmente".

La Marmolada, sottolinea Cagnati, è tutto sommato un ghiacciaio abbastanza piccolo: "proprio per questo è un sistema che risente prima dei cambiamenti climatici in atto, una sentinella che da' l'allarme rispetto a quello che potrebbe succedere in scenari più grandi, sulle Api Occidentali".













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