Da 100 anni un mortaio  ha il rintocco di campana 

L’evento. Il 16 maggio del 1920 un gruppo di giovani di Olle lo recuperarono in Val Caldiera: venne fuso e issato sul campanile al posto di quella che anni prima venne confiscata per farne cannoni


Marika Caumo


Borgo. Cento anni. Tanti sono passati da quel 16 maggio 1920, quando il paese di Olle fu testimone di un evento che nella piccola frazione di Borgo viene tuttora ricordato. Tanto che era in programma una celebrazione, organizzata dall’appassionato storico ed ex assessore Edoardo Rosso. Purtroppo, a causa dell’emergenza in corso, nessuna manifestazione potrà essere fatta. Tutto rimandato. Ma ad Olle vogliono comunque ricordare l’anniversario. Come? Attraverso le pagine del Trentino.

«Oggi è l’importante anniversario di un evento che segnò la vita del paese di Olle. A cento anni di distanza, è uno dei momenti in cui raccogliere voci e testimonianze che si alzino contro il silenzio incombente sulla nostra storia ed identità», spiega Rosso.

Ecco i fatti.

Nel 1915, per ordine del governo austriaco, furono requisite le campane di tutte le chiese per ricavarne cannoni da impiegare nella battaglie che stavano imperversando sulle montagne della valle. Da questa retata non fu risparmiata Olle. «Ma subito dopo la fine della guerra fu forte l’auspicio di ripristinare il concerto campanario, da sempre simbolo di unità e identità della comunità - prosegue Rosso -. Fu questo desiderio a spingere il 16 maggio 1920 una ventina di robusti nostri giovanotti sotto i dirupi della Val Caldiera, e precisamente nella piazzola sottostante lo “Stollen del prete». Lì era rimasto il mortaio da 150 mm che poteva servire per la fusione delle nuove campane di Olle. Smontato sul posto dal proprio supporto, il cannone, del peso di 530 kg, venne trascinato a valle e nascosto nella cella campanaria. Il regio Governo, infatti, ne avrebbe rivendicato la proprietà come bottino di guerra». Le nuove campane vennero rifuse dalla ditta Colbacchini di Trento, trasportate a Olle e benedette il giorno della Sagra di S. Antonio dell’anno successivo, il 26 giugno 1921.

Di questo episodio scrisse, qualche decennio dopo, don Giuseppe Smaniotto (parroco ad Olle dal 1971 per ben 32 anni): «I nostri giovani forse si meravigliano che il campanile e i sacri bronzi abbiano potuto infiammare talmente gli animi da far loro assumere il ruolo di emblema della comunità. Il fatto da considerare è l'alto valore simbolico che è connesso alla loro presenza nel paese. Il suono che viene dall'alto non scandisce soltanto il susseguirsi delle ore e dei giorni in modo maestoso e pubblico, ma suscita anche sensazioni, emozioni, ricordi, nostalgia di avvenimenti personali, familiari e sociali, impressi profondamente nel vissuto della gente».

Festa mancata

Per celebrare i 100 anni da questa ricorrenza, della quale praticamente in ogni casa di Olle esiste l’eccezionale (per quei tempi) documentazione fotografica, Edoardo Rosso aveva organizzato una speciale cerimonia di commemorazione. «Doveva tenersi domenica 17. Ne avevo già parlato con le associazioni locali e con il parroco. Era pronta anche la presentazione di una approfondita ricerca storica, che in qualche modo avrebbe fatto “rivivere” l’epica avventura dei nostri ragazzi», continua Rosso. Con grande pazienza ed attingendo da molteplici fonti, l’ex assessore comunale è riuscito a dare nome ed età ad ognuno dei 20 protagonisti. «Alcuni discendenti, figli o nipoti, abitano tuttora ad Olle, altri sono emigrati in altri luoghi», precisa. E rassicura: «L’evento è solo rinviato a quando le condizioni lo permetteranno».

«Quei giovani sapevano di aver compiuto un’impresa importante, nel segno della ritrovata pace, della serena convivenza, della sincera reciproca amicizia. Valori fondamentali cento anni fa, come ai nostri giorni, come lo saranno certamente per chi verrà dopo di noi», conclude.













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