Rovereto, il giudice «licenzia» il dirigente

Cuccaro accoglie il ricorso e annulla l'assunzione di Cristian Roverato



ROVERETO. Non si può fare altro che chiamarlo «caso Roverato», anche se il dirigente del servizio Verde di Rovereto ha avuto solo la sfortuna di incappare per primo in una «concorrente» tignosa. Perchè è tutto il sistema di assunzione dei dirigenti in Trentino a finire gambe all'aria. Se si conclude, come ha appena fatto il giudice del lavoro Michele Cuccaro, che per le pubbliche assunzioni vanno applicati anche in Trentino norme e criteri nazionali.

Cristian Roverato è stato assunto da Andrea Miorandi con una mandato a termine, sulla base di un percorso che prevede la raccolta di candidature, con curricola e attestati. Che poi il sindaco vaglia in assoluta autonomia. In realtà Miorandi aveva anche agito con uno scrupolo non dovuto per amore di trasparenza: aveva fatto vagliare i curricola ad una commissione, accogliendone poi le conclusioni. A Rovereto non si era mai fatto. Comunque sia, qui si parla di norma. E la norma, figlia di un regolamento regionale, è che rispettati alcuni requisiti, il sindaco sceglie di testa sua. Per anni e in tutto il Trentino Alto Adige lo abbiamo trovato normale.

Solo che per quel posto di dirigente aveva presentato «le carte» anche Addolorata Palumbo. Che si è ritenuta torteggiata, visto che appariva a suo dire più titolata del vincitore. Campana, residente a Bologna, non era evidentemente così avvezza al «sistema trentino» delle assunzioni dei dirigenti. Ha fatto ricorso al Tar. E quando il Tar ha respinto il ricorso dichiarandosi incompetente in materia di lavoro, al giudice del lavoro. Che ora ha deciso, dandole ragione.

Secondo Michele Cuccaro, i criteri di assunzione adottati da Miorandi (e da tutti i sindaci di tutto il Trentino e l'Alto Adige) non sono quelli giusti. In particolare, pare, nella misura in cui non richiedono come nel resto d'Italia il requisito di avere alle spalle almeno 5 anni di esperienza in «funzioni dirigenziali», ma si accontenta di «funzioni dirigistiche». Che è molto meno e soprattutto molto più elastico come concetto, tanto che negli anni si è visto passare per buono più o meno di tutto: chi è stato in un ufficio da solo si autodirigeva. Ma dirigente non era di sicuro.

Il punto ora, è cosa succede. Appena depositata, la sentenza sarà esecutiva. E Roverato dovrà sospendere l'incarico. Impugnandola (lo farà certamente il comune e probabilmente anche lo stesso Roverato) si può chiedere alla Corte di Appello la sospensiva di efficacia. Che concessa, lo rimetterebbe al proprio posto in attesa del giudizio. Ma possono volerci da qualche settimana a qualche mese. Periodo durante il quale il servizio resta decapitato. Inoltre fino alla sentenza di Appello (e magari di Cassazione) come si comporteranno le amministrazioni dovendo rinnovare altri incarichi da dirigente? E quanti sono i dirigenti potenzialmente «abusivi»? Centinaia.

Il sindaco Miorandi attende le motivazioni per capirne di più. «Umanamente siamo dispiaciuti per un dirigente che si è dimostrato capace e che tutta la struttura comunale stima e apprezza. Ma siamo anche preoccupati perchè in discussione non è un singolo caso, ma uno strumento che in tutta la regione si utilizza ormai da molti anni. Si mette in discussione l'autonomia e una norma che la applica. E ci troviamo senza un dirigente ma anche nell'assoluta incertezza su come comportarci in futuro. Spero per tutti che le cose si chiariscano in fretta».













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