ambiente e salute

Pfas ad Arco: veleni in discarica

I Pfas c'erano e ci sono. Le sostanze trovate nel percolato della Maza dalle rilevazioni del 2019. Tonina rassicura e il 20 marzo sarà ad Arco in consiglio comunale

LA MAPPA DI LE MONDE. La contaminazione da Pfas in Europa


ANDREA TOMASI


ARCO. I Pfas c'erano e ci sono. È dimostrato che le sostanze tossiche sono presenti nel territorio di Arco. E la cosa rilevante è che sono state trovate in quantità maggiori di quanto raccontato finora alla popolazione. Il caso è quello ormai noto dei perfluoroalchilici, molecole riconosciute a livello internazionale come pericolose.

Per quanto riguarda il Trentino, in particolare l'Alto Garda, il quotidiano Le Monde (qui il link alla mappa e al servizio del giornale francese) ha pubblicato un dato del 2018, risultato di un campionamento sul Rio Salone (che scorre a fianco della discarica Maza) fatto dai tecnici trentini dell'Appa (Agenzia provinciale protezione dell'ambiente) ma analizzato nei laboratori dell'Arpav (Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto) a cui la Provincia autonoma si era affidata in quanto all'epoca il laboratorio trentino non aveva strumentazioni adeguate per individuare quel tipo di contaminanti.

Nel rio, spesso in secca, Arpa Veneto individuò un valore di Pfas importante : 451,6 nanogrammi/litro. Cifra comunicata ai colleghi della Provincia autonoma di Trento e poi finita nel rapporto Ispra (Istituto superiore per la ricerca e la protezione ambientale). Un anno dopo (nell'aprile-maggio 2019) i tecnici dell'Appa rilevarono la presenza di concentrazioni di Pfas in un campione raccolto nel percolato della discarica Maza e destinato al depuratore di Rovereto (l'impianto di pulizia come la discarica fanno capo ad Adep, Agenzia per la depurazione della Provincia autonoma). È bene non dimenticare che il regolamento europeo 1021/2019 vieta la dispersione nell'ambiente di sostanze organiche persistenti, quali sono appunto i Pfas.

Nel caso delle analisi del 2019 stiamo parlando di una concentrazione superiore a quella registrata nel rio: una somma di Pfas (esclusi Pfoa e Pfos) oltre 6000 (seimila) nanogrammi/litro. Insomma le sostanze perfluoroalchiliche (come dimostra il rapporto di prova di Appa) sono state trovate eccome: sono state individuate nel percolato della discarica. Cosa importante: il dato di cui stiamo parlando è sovrapponibile a quello raccolto un anno prima nel Rio Salone che attraversa la base della vecchia discarica della Maza (i bacini sono due, uno senza impermeabilizzante di fondo e l'altro, quello nuovo, che ne è dotato; comunque entrambi i bacini sono chiusi al conferimento). In pratica è come se i due campioni raccolti (il primo sul Rio Salone e il secondo sul percolato della discarica) avessero lo stesso Dna, diversi solo per concentrazione di composti perfluoroalchilici.

La Maza oggi è oggetto di bonifica, ma non per quanto riguarda i Pfas. Quella fetta di terreno è tanto delicata quanto importante a livello strategico perché si trova sulla direttrice di un megacantiere: il collegamento Loppio-Alto Garda, un'opera faraonica che vedrà la fine nel 2025 e che avrà un costo di 125 milioni di euro (ma si parla di una cifra complessiva più elevata). Di questi veleni, individuati dai tecnici Appa nella primavera del 2019, non è mai stata data comunicazione ufficiale ai territori. Nei giorni scorsi la giunta provinciale, per bocca del vice governatore Mario Tonina, ha parlato di «errore materiale» dei tecnici Arpav (i quali però hanno fatto sapere alla nostra redazione che le analisi sono corrette), ha contestato Le Monde (che però si basa sui dati ufficiali della relazione Ispra del dicembre 2018) e, riferendosi a quanto pubblicato da "Il nuovo Trentino", ha parlato di «notizie scandalistiche». Lasciamo ai nostri lettori ogni valutazione dei fatti verificati e verificabili (stiamo parlando di documenti di rilievo pubblico).

I Pfas - sostanze perfluoroalchiliche, utilizzate dalla grande industria soprattutto come impermeabilizzanti (sono usate per realizzare pentole antiaderenti, tessuto tecnico-sportivo, pellicole, detergenti, schiume anti-incendio) - sono tristemente noti nel mondo per la loro persistenza. Il caso più grave si ha in Veneto: fra le province di Vicenza, Padova e Verona è stata compromessa una falda idrica grande come il Lago di Garda. Parliamo di un'area dove questi acidi venivano prodotti (dalla società Miteni, andata in fallimento e che ora vede 15 dei suoi ex manager a processo per inquinamento delle acque e disastro innominato).

La contaminazione trentina non è in alcun modo paragonabile a quella del vicino Veneto perché, nel caso della regione confinante nel Nordest d'Italia, i Pfas sono finiti nell'acquedotto e per anni i cittadini ignari se li sono bevuti. Con i Pfas comunque non si scherza poiché, a contatto con gli esseri viventi, sono all'origine di una serie di patologie: disfunzioni della tiroide, problemi al sistema nervoso centrale, cancro, infertilità femminile e uno sviluppo anomalo dell'apparato genitale maschile dei bambini (il cosiddetto "scroto disabitato"). La mappa europea dei veleni - come ha detto Gianluca Liva, il membro italiano dell'equipe internazionale che ha fatto l'inchiesta ed elaborato la cartina interattiva del "Forever pollution project", pubblicata da Le Monde - è destinata ad allargarsi: in prospettiva, grazie all'elaborazione dei numeri (pubblici), la fotografia della contaminazione sarà più nitida. Non si tratta di fare allarmismo ma di dare quell'informazione che finora è mancata.

Il vicepresidente della Provincia autonoma di Trento, nonché assessore all'ambiente, Mario Tonina giovedì in consiglio provinciale ha portato una serie di dati riguardanti le rilevazioni fatte nel tempo da Appa. Ha voluto esprimere solidarietà al dirigente generale Enrico Menapace e ai vertici dell'agenzia trentina finiti sotto i riflettori dopo che i francesi hanno pubblicato dati mai resi noti a livello locale. Ha tranquillizzato i colleghi di maggioranza e minoranza, così come ha fatto con i consiglieri comunali di Villa Lagarina, che ha incontrato venerdì sera e come vorrebbe fare lunedì 20 ad Arco, dove è stato fissato un appuntamento in consiglio comunale. Solo che ad Arco la situazione è un po' più complessa. I dati che vi forniamo oggi se non sono considerati allarmanti, perché non si parla di Pfas nell’acqua potabile, sono un campanello d’allarme che non si può fingere di non sentire.

 













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