Padoan «sblocca» i soldi trentini

Il ministro favorevole ad allentare il patto di stabilità «Tasse, priorità alle imprese». «Crescita? Riforme e scuola»


di Chiara Bert


TRENTO. È un via libera politico all’allentamento del patto di stabilità per la Provincia di Trento, quello che il governatore Ugo Rossi e il vice Alessandro Olivi hanno incassato ieri dal ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, che hanno incontrato per quasi un’ora prima del suo intervento al Festival dell’economia, in un auditorium con molte poltrone vuote, dove ha parlato di fiducia, solidarietà e crescita.

SBLOCCO DEL PATTO DI STABILITÀ. Il Trentino ha fermi in cassa circa 750 milioni che vorrebbe investire per sostenere la ripresa, ma oggi non può farlo per via dei vincoli di bilancio. La Provincia spera che almeno una parte, che potrebbe aggirarsi sui 200 milioni, possa essere sbloccata già dal 2017. «Il patto di stabilità per noi verrà meno nel 2018 ma non c’è già più nelle Regioni ordinarie - ricorda Rossi - bisognerà ora verificare con la Ragioneria dello Stato le coperture, ma quanto detto dal ministro è un primo passo importante in linea con l’accordo di Roma firmato nel 2014 con Renzi». Rossi ieri ne ha discusso anche con il sottosegretario alla presidenza del consiglio Claudio De Vincenti, che conferma: «Lavoriamo al passaggio alla regola del pareggio di bilancio, o a un meccanismo simile, che consenta anche alle Province di Trento e Bolzano di utilizzare a pieno le proprie entrate, nel rispetto dei saldi». Da Padoan sono arrivate anche rassicurazioni sulle clausole di salvaguardia nella legge di armonizzazione dei bilanci che andrà in aula tra qualche settimana e potrebbe avere effetti negativi sulla liquidità dei Comuni trentini.

CRESCITA. Incalzato dalla giornalista tedesca Regina Krieger che gli chiede perché la crescita italiana resta debole e se sia stata sbagliata la terapia, Padoan risponde dispensando un po’ di ottimismo: «Non è vero che è debole, l’Italia ha perso 10 punti di Pil in tre anni di recessione. Oggi l’economia globale decelera e l’Italia accelera. Nei prossimi tre anni la crescita aumenterà perché le riforme daranno frutti, già li vediamo. I consumi delle famiglie sono più forti delle attese, ora dobbiamo far sì che il risparmio privato si canalizzi sull’economia reale». Poi passa a parlare di imprese e spiega che «le imprese italiane sono troppo piccole» e «devono crescere perché c’è una soglia minima per accedere alle tecnologie».

TASSE: PRIMA LE IMPRESE. Quali sono le prime tasse da abbassare?, insiste il giornalista di Repubblica Ferdinando Giuliano. «Il ragionamento è aperto - risponde il ministro, ma le imprese vanno sostenute in un momento in cui bisogna sostenere gli investimenti. Il taglio dell’Ires sarà confermato. Se c'è spazio per ulteriori tagli di tasse alle famiglie li faremo, ma i vincoli di bilancio ci sono e sono stretti». Prima le imprese e poi l’Irpef, quindi? Pausa. «Vedremo», è la risposta laconica. «Lo so che è noioso, ma il ministro dell’economia è quello che deve dire queste cose».

PRODUTTIVITÀ E CAPITALE UMANO. «Per aumentare la produttività non ci sono scorciatoie - avverte Padoan - le riforme che hanno maggiore impatto sono quelle che migliorano il capitale umano. Ma questo richiede di agire sul sistema educativo, e capire di cosa hanno bisogno le imprese, e dunque richiede tempo. Ma è la frontiera dell’Italia».

FIDUCIA? FARE LE RIFORME. Per riconquistare la fiducia la ricetta del ministro è questa: rispettare le regole, in primis le regole europee, e fare le riforme. «Il Jobs Act ha un doppio valore, ha migliorato il nostro mercato del lavoro e ha dimostrato che le riforme le facciamo». Applauso. «Le imprese straniere oggi non ci chiedono meno tasse, ma tempi rapidi della giustizia civile e la riforma della Pubblica amministrazione».

BANCHE, BACCHETTATA AI TEDESCHI. All’auditorium non poteva non irrompere la questione banche. «In Italia ci sono troppe piccole banche», ammonisce Padoan, «per questo il governo ha fatto la riforma delle Popolari e la riforma del credito cooperativo, che è una sintesi tra i valori della coperazione e misure di scala sufficienti per andare sui mercati a raccogliere capitali». Strappa un applauso quando bacchetta i tedeschi: «Temono per i loro depositi bancari? Ricordo che il sistema bancario tedesco ha beneficiato di 240 miliardi di aiuti di Stato prima che la legge lo impedisse. O si crede in un sistema europeo di garanzia dei depositi, sennò è inutile che stiamo a perder tempo con sto euro».

PIÙ EUROPA CONTRO LA BREXIT. Domanda: se la Gran Bretagna voterà per l’uscita dall’Ue? Risposta: «La Bce ha strumenti per controllare la turbolenza dei mercati. Ma la miglior difesa sarebbe annunciare da parte dei Paesi europei che il processo di integrazione va avanti, anzi accelera».

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