Operazione disastrosa: «Mi hanno rubato la vita per dei calcoli»

Tiziano è entrato in ospedale a Borgo Valsugana per un intervento di routine: è uscito 2 mesi dopo con 20 chili in meno e un addome sconvolto


di Luca Pianesi


TRENTO. E’ stato un incubo lungo due mesi quello vissuto da Tiziano Zeni. Un entra e esci da sale operatorie, corridoi ospedalieri, 15 giorni di rianimazione e 20 chili persi in poco più di 10 settimane. Un brutto sogno dannatamente reale, come gli ricorderà per tutta la vita la cicatrice di 20 centimetri per 30 che i chirurghi del Santa Chiara gli hanno dovuto praticare sulla pancia per salvargli la vita dopo un disastroso intervento eseguito da colleghi di Borgo Valsugana. Tiziano si era rivolto a quest’ultimi per una delle operazioni più eseguite al mondo: una colicistectomia (asportazione della cistifellea) per dei calcoli.

n intervento che, da manuale, dovrebbe permettere al paziente di essere dimesso dopo solo un giorno e che ha un rischio di complicanze bassissimo. «E invece a me hanno portato via almeno un anno di vita», racconta Tiziano, un “omone” di 61 anni che nonostante sia tornato a casa dal suo calvario da una decina di giorni trasmette già forza e energia.

Partiamo da oggi Tiziano, come stai?

Diciamo bene? Sono a casa, finalmente, dopo più di due mesi di lettini e sale operatorie. Però devo portarmi sotto la felpa una sacca con due tubicini che mi finiscono direttamente dentro la pancia che servono ad evitare fuoriuscite di liquidi dentro il corpo. Poi ci sono, ogni giorno, gli antibiotici e gli antimicotici da prendere, c’è la visita di controllo dell’equipe medica del giovedì e quella del mercoledì per il prelievo del sangue. E c'è depressione dovuta al fatto che questa vicenda sembra non avere mai fine.

Perché ti hanno ricoverato la prima volta?

Avevo dei calcoli alla cistifellea (quel piccolo organo che immagazzina la bile prodotta dal fegato) che mi avevano consigliato di togliere. Una cosa molto frequente che si risolve semplicemente asportando la cistifellea. Sono quindi andato all'ospedale di Borgo e lì è cominciato il mio calvario. Mi hanno operato il 27 gennaio per tenermi in osservazione fino al 3 febbraio. Già lì, sicuramente, avevano ravvisato dei problemi altrimenti non mi avrebbero tenuto in ospedale per una settimana. Ma quando mi hanno dimesso mi hanno detto che tutto si era risolto per il verso giusto. Sulla cartella che mi hanno dato c'era scritto “Ora il paziente è in buone condizioni cliniche (...) le ferite sono in ordine e i punti cutanei rimossi”. E alle richieste del mio medico di famiglia, che voleva informazioni sul mio stato di salute, l'ospedale di Borgo non ha mai dato risposte.

E invece?

E invece, dopo una settimana che ero tornato a casa, dei crampi terribili mi hanno preso l’addome. Abbiamo chiamato l’ambulanza e immediatamente sono stato portato al Santa Chiara e lì mi hanno subito sottoposto a una Tac. C’erano liquidi all'interno della mia pancia. Subito hanno pensato a un versamento di sangue e a una possibile emoragia. Mi hanno tenuto in osservazione dal 10 al 17 nel reparto di chirurgia B e le mie condizioni sembravano stabilizzarsi. Io però avevo una pancia gonfia come un pallone con un ematoma impressionante che la ricopriva interamente. Fortunatamente mi hanno anticipato una seconda Tac alle 11 del mattino di quel lunedì 17 e in quattro e quattr'otto mi hanno portato nuovamente in sala operatoria.

Cosa ti stava succedendo?

Praticamente stavo morendo. Avevo in atto una peritonite acuta diffusa e una gravissima lesione dei condotti della bile che si era sparsa nell'addome. Praticamente a Borgo, dove mi dovevano asportare la cistifellea, sono stati in grado solo di spezzarla lasciando in sede una gran parte di essa ancora attaccata al fegato. Un residuo colecistico di 5 centimetri per 3, mentre un’altra parte, già staccata, è stata lasciata in addome con dentro i calcoli. A causa di queste rotture la bile defluiva nel mio addome senza contrasto. Il quadro clinico risultava talmente grave che nonostante le quasi 5 ore d'intervento per i chirurghi di Trento risultava impossibile ricostruire i condotti biliari. Sono stato 7 giorni in terapia intensiva intubato da tutte le parti, con flebo e mascherine, sottoposto ad antibiotici e incapace di muovermi. Poi altre 2 settimane in camera per far assorbire le infiammazioni e il 12 marzo mi hanno sottoposto al terzo intervento. Un altra settimana in rianimazione e una decina di giorni di degenza in ospedale.

E finalmente ti hanno dimesso?

Ancora no. Il 28 marzo dovevo tornare a casa. Ma appena mi hanno ridotto la quantità di antibiotici in una notte mi sono ritrovato con 40 di febbre e un'infezione da candida. Altri 10 giorni di ospedale e poi, finalmente, il 7 aprile, sono tornato a casa. Ora mi aspettano mesi di cure e resta tanta amarezza. Sono entrato nell'ospedale di Borgo che stavo bene e ne sono uscito devastato. Mi hanno detto che mi ci vorranno circa 2 anni per tornare come prima. E quando ho visto che loro sul referto del registro operatorio avevano segnalato complicazioni e aggiungevano che “non si esclude la possibilità che alcuni frammenti di colecisti siano rimasti nella cavità nascosti” mi ha ribollito il sangue visto che a me avevano assicurato che tutto era a posto. Alla tristezza, però, fa da contraltare l'affetto dei miei cari, l'aiuto che mi hanno dato mia moglie, mia figlia e mio figlio, i gruppi di preghiera che erano stati organizzati da amici e conoscenti.













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