La strana squadra del gigante Patt

La «luganega» batte Facebook: è la genuinità autonomista. Con l’errore di Panizza e la Leonardi che «censura» Ottobre


di Paolo Mantovan


A dire tutta ma proprio tutta la verità, nella sede del Patt e nel quartier generale di Rossi lunedì, mentre il partito autonomista prendeva forma di gigante nel voto, non c’erano solo salti di gioia. C’era un dubbio.. Un dubbio inquietante assaliva anche lo staff del presidente e alcuni tra i dirigenti del partito. Ma questi eletti, questa nuova squadra di sette consiglieri, sarà in grado di muoversi come un sol uomo? Gli occhi di tanti si alzavano al cielo. Perché le caratteristiche del «Patt-Team» sono molto particolari: è una squadra eterogenea e praticamente tutta nuova, tranne il leader delle preferenze Michele Dallapiccola.

Guardiamoli uno per uno. Vediamo che cosa ha funzionato nel voto, che faccia del partito ne esce, perché possono esserci delle preoccupazioni all’interno degli autonomisti.

1. Michele Dallapiccola.

Dalle urne è uscito “Allagrande”. Ha raccolto 5247 voti. Gran parte sono opera del suo lavoro, ma il presidente Rossi ha incaricato il “capo macchina organizzativa” Stefano Cogoli di raccogliere preferenze per Dallapiccola anche in Val di Sole. Veterinario, ex sindaco di Civezzano, capogruppo uscente del Patt in consiglio provinciale, Dallapiccola è l’uomo che potrebbe rappresentare il partito come piace al presidente. È il veterinario che entra nella stalla con l’iPad coniuga lo spirito pratico del valligiano con la curiosità tipica del cittadino. Non tollera lo snobismo di città, ma teme anche l’eccesso folcloristico di valle. Sente già il peso di un assessorato sulle sue spalle, visto che è l’unico certo (col piddino Olivi) di entrare in giunta. È già teso.

2. Diego Moltrer detto “Milordo”.

È il Crosetto autonomista, il gigante dal cuore d’oro, il profumo di vallata che entra in aula. Per la verità il suo soprannome sarebbe “Milordino”, ma sulla scheda elettorale ha optato per il soprannome del padre, Milordo, con cui si identifica tutta la famiglia. Il padre, Gigi, è stato per più di vent’anni sindaco di Fierozzo: amico di Flavio Mengoni, scendeva a Trento con una borsa di gettoni del telefono, si piazzava al bar Cavana e cominciava a telefonare al capo dei vigili, all’Inps, all’ufficio X e Y della Provincia e avanti, fino a quando non aveva sistemato tutto. Diego assomiglia al padre. Non solo per stazza, ma anche per stile. È il re delle salsicce. È la chiara dimostrazione che in politica - almeno per ora - la luganega batte Facebook. Tante feste (venerdì scorso l’ultima con 70 chili di capriolo e 4 polente), ma per costruire occasioni di incontro, per portare ottimismo, per promettere impegno. Qualche volta litiga con il congiuntivo, ma è genuino, e questa è una qualità rara. Fenomeno della natura. Da tenere d’occhio.

3. Walter Kaswalder.

È un monumento del Patt. Lui aveva le stelle alpine sul petto quando Rossi giocava con i Lego. Lui cominciava a mangiar politica prima che Milordo pensasse lontanamente alla luganega. Ha diciott’anni quando si avvicina al Patt e di lì a qualche mese riesce a fare da autista al padre degli autonomisti, Enrico Pruner. S’è candidato la prima volta nel lontano 1978. E proprio perché si sente appiccicate nel petto le stelle alpine, a volte, quando s’inalbera, dice che lo sa lui cosa si deve fare e non c’è Rossi che tenga. Se il Walter s’incavola, son cavoli: imprevedibile, ma disponibile al dialogo. Memoria autonomista. Da rispettare. E maneggiare con cautela.

4. Lorenzo Baratter.

Il “novello” che spiega le origini a tutti gli autonomisti. È lo storico chiamato - da Panizza - a inserire potentemente un pezzo di storia spesso lasciata ai margini: la storia degli Schützen. Ma una storia in versione moderna: non la rivendicazione della nostalgia, ma il riarrangiamento delle nobili radici trentine, quelle di una terra della convivenza tra lingue e culture. Uno studioso che in campagna elettorale ha puntato su Facebook, sulle piste tradizionali e istituzionali dei dibattiti, sull’orgoglio delle radici. L’urna l’ha premiato ma non l’ha lanciato in orbita come molti s’attendevano. Dovrà comunque avere un ruolo: perché è l’intellighenzia del Patt (e rappresenta Panizza).

5. Graziano Lozzer.

Una sorpresa come i prossimi due consiglieri. Dopo il “re delle salsicce” Moltrer, Lozzer si può ben definire “quel del formai”. Ha girato il Trentino con il suo furgone e i suoi prodotti. Alla festa del Forst di lunedì è arrivato con un pezzo di formaggio da 25 chili. Diplomato all’Istituto di S.Michele, è sindaco di Valfloriana. E da lì, da Valfloriana (che non è Riva né Campiglio) è riuscito a lanciare un agritur coi fiocchi. Le malelingue lo considerano un buon venditore. Lui si vanta di essere riuscito in campagna elettorale a «stringere tante mani callose». Popolano e popolare. Gioca forte alla morra.

6. Chiara Avanzo.

L’unica donna del gruppo. Rossi la considera il gioiello. Felicissimo della sua elezione. Ma la vittoria di Chiara, 32 anni, ingegnere, maestra di sci, vicesindaco di Pieve Tesino, nasce da un incrocio di forze: per lei si mette in moto il consigliere uscente Sergio Muraro, per lei si muove ovviamente il sindaco di Telve, Fabrizio Trentin (che è suo marito), e a Telve si annoda il filo con un altro autonomista storico, Carlo Spagolla, e poi, in Alta Valsugana, la spinge con forza lo stesso Dallapiccola. Insomma, Chiara Avanzo non è una sorpresa: è una perfetta costruzione di squadra del nuovo Patt. «Futura».

7. Luca Giuliani.

È - dopo “Milordo” e Lozzer - il terzo ed ultimo rappresentante del “luganega style” del Patt. È il protagonista di “Porchetta party” (che si è svolto ad Arco). Ma è soprattutto l’espressione del Patt della Busa. Per molti è considerato un «clone» dell’ onorevole Ottobre, con qualche tratto un po’ «comunquemente»: di quelli che sanno capire dove si muove l’onda. Anche questa una qualità di prim’ordine. Ma con qualche controindicazione.

Conclusioni.

Insomma, la squadra va registrata. Non sarà un’opera facile. Inoltre si tratta di una formazione sbilanciata sulla Valsugana, priva della spina dorsale della val di Non (e quest’ultima è la grave pecca del senatore Franco Panizza, per tutti l’artefice della débâcle nonesa).

Ma il Patt, a ben vedere, è proprio questo. Si ammoderna nella visione, restando ancorato al suo dna. Ci sono lo storico e il veterinario, le valli, il profumo di luganega e formaggio. E non riescono a passare i candidati rivolti a mondi che non si integrano.

Per esempio, il terzomondismo di Lia Giovanazzi Beltrami non casca a pennello con il “prima i trentini” autonomista. E gli autonomisti - rustici per natura e per passione - ripudiano anche l’immagine patinata di Sonia Leonardi. Che, peraltro, è riuscita in un successone: 1700 preferenze alla prima uscita sono un trionfo. Ma Sonia è arrabbiatissima. Soprattutto con Mauro Ottobre, che le aveva promesso mari e monti ad Arco. E invece ad Arco la Leonardi ha preso solo 24 preferenze contro le 829 di Giuliani. Al telefono con Ottobre ha espresso tutto il suo disappunto con una parola: «Buffone».

@paolomantovan

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