La pastora Agitu ammazzata a colpi di martello nella camera da letto 

Orrore in Valle dei Mocheni. Non rispondeva al telefono da ore: è scattato l’allarme ed è stata trovata riversa nella camera da letto della sua abitazione a Frassilongo con il cranio fracassato. Più volte in passato era stata minacciata. Nella notte i carabinieri hanno sentito più persone


Giuliano Lott


Frassilongo. L’allarme è scattato attorno alle 18, in un paese avvolto dal buio e da una nebbia sinistra. La porta di casa di Agitu Ideo Gudeta era chiusa e la donna - 43 anni, arrivata una decina di anni fa dall’Etiopia al Trentino - non rispondeva al campanello ormai da ore. E la sua auto era ferma all’esterno, ricoperta dalla neve caduta abbondante nelle ultime ore. Il primo a preoccuparsi era stato un tecnico con cui la donna aveva appuntamento al mattino: l’uomo ha provato più volte a farsi aprire la porta, quindi si è rivolto ai vicini di casa. Questi hanno provato più volte a contattare la donna. Prima l’hanno cercata all’interno dell’azienda agricola “La capra felice” che a pochi metri di distanza, accanto all’abitazione della donna, all’ingresso di Frassilongo. Poi hanno cominciato a chiamarla ripetutamente al telefono cellulare, senza mai ottenere alcuna risposta. Infine, avvicinandosi all’appartamento della donna, hanno sentito un rumore lieve nel sottofondo: era il cellulare di Agitu che vibrava all’interno. A questo punto, preoccupatissimi, sono stati loro - nel pomeriggio - a entrare nell’appartamento (di cui avevano una chiave) e a scoprire quello che era accaduto: la donna - che viveva da sola - era al piano superiore, in camera da letto, riversa sul pavimento, ferita alla testa con più colpi. Chi l’ha aggredita probabilmente ha utilizzato un martello, che sarebbe stato trovato dai carabinieri. Secondo i primi accertamenti la morte dovrebbe risalire ad alcune ore prima, quindi probabilmente al mattino o addirittura alla notte precedente.

Sul posto sono arrivati subito i carabinieri che hanno isolato la casa e hanno chiamato gli uomini della scientifica per eseguire tutti i rilievi, ma agli investigatori è bastato osservare il corpo e la situazione della stanza per capire che non si trattava di un fatto accidentale. Sul luogo del delitto è giunto anche il pm Giovanni Benelli a coordinare l’attività investigativa dei carabinieri di Borgo Valsugana (guidati dal capitano Alfredo Carugno) e del nucleo investigativo di Trento, ai comandi del tenente colonnello Michele Capurso. Nella notte gli investigatori hanno sentito alcune persone per ricostruire le ultime ore di vita della donna, ma anche i mesi e gli anni precedenti, durante i quali Agitu si era scontrata con alcune persone del posto e aveva denunciato di essere stata vittima di danneggiamenti, lesioni e anche minacce. Anche il suo aiutante - un giovane di origine africana come Agitu - è stato interrogato dai carabinieri.

Quale può essere il movente dell’aggressione? Questa la domanda a cui i carabinieri dovranno trovare una risposta. Ieri sera gli investigatori hanno fatto capire di avere solidi elementi per individuare il responsabile di questo agghiacciante delitto. Da come si è presentato appare come un delitto di impeto, non un’azione premeditata. Le indagini si concentrano sui rapporti della donna, su eventuali motivi di rivalsa. Naturalmente i carabinieri hanno preso in considerazione - tra le altre ipotesi - anche i contrasti precedenti di Agitu con un cinquantenne vicino di casa, che circa un anno fa era stato condannato a 9 mesi per lesioni, dopo la denuncia della donna: «Mi chiamano negra - aveva detto Agitu - mi dicono che qui non posso stare» aveva denunciato ai carabinieri, raccontando anche pubblicamente la sua storia. Ma l’uomo - responsabile delle lesioni - aveva negato l’accusa di razzismo, sostenendo che la vicenda era solo una banale questione di vicinato.

È finito così il sogno di Agitu Ideo Gudeta, pastora etiope che avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno e che si era data l’obiettivo di salvare dall’estinzione (e anche dagli attacchi dell’orso) la capra mochena, una specie che sopravvive in quella valle isolata dove la donna aveva trovato casa, dopo aver avviato all’inizio una prima attività a Ronzo Chienis.

All’epoca in cui aveva ricevuto le minacce, la donna aveva ricevuto anche la solidarietà del presidente della giunta provinciale Ugo Rossi: «Il fatto che Agitu, da rifugiata, abbia avviato la sua attività agricola sul nostro territorio dimostra che il Trentino crede nell’accoglienza e nella solidarietà». La donna quindi aveva ripreso a girare i mercati del Trentino per vendere i prodotti realizzati con il latte delle sue cinquanta capre, con il furgone che sulla fiancata riportava il nome dell’azienda agricola: «La capra felice». Infine l’aggressione che ha provocato la morte della donna.

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