In centrale 200 chiamate al giorno, che lavoro (ingrato) dietro le quinte 

Trentino Emergenza. Oltre 60 mila telefonate nel 2019, con il picco durante le vacanze: «Vogliono l’ambulanza subito, ma non si rendono conto di quanti sforzi richiede un evento di soccorso». Un giorno con infermieri e medici per scoprire che anche solo una voce può fare la differenza


Andrea Selva


Trento. Mestiere ingrato, quello degli operatori della centrale di trentino emergenza: la gente vede arrivare l’ambulanza, oppure l’elicottero ma sa poco o nulla di quello che accade dietro le quinte. «tutto comincia con una telefonata e a volte anche a noi, non solo a chi chiede aiuto, capita di avere il cuore in gola» hanno scritto gli operatori della centrale del 118 in una lettera pubblicata sul trentino di ieri. e dopo quella lettera il nostro giornale ha voluto trascorrere una mattinata nella centrale di via pedrotti, per capire cosa c’è dietro le quinte.

Ogni giorno 200 chiamate

Nel 2019 sono state 127 mila le richieste di aiuto giunte al numero unico 112. Di queste circa la metà - 66 mila - erano emergenze sanitarie che sono state girate alla centrale di Trentino Emergenza. Conti alla mano, nei periodi più intensi, fanno circa 200 chiamate al giorno. In una terra turistica come il Trentino i picchi di lavoro sono durante le stagioni turistiche: dicembre, gennaio e febbraio e poi luglio e agosto. In tutto gli eventi di soccorso sono stati 47 mila, ma spesso dietro il singolo evento c’è l’intervento di moltissime persone: l’ambulanza, l’elicottero, i vigili del fuoco e magari pure il trasferimento, in un secondo momento, da un ospedale all’altro, come spiega il dirigente di Trentino Emergenza, Paolo Caputo, giunto dal Veneto un anno fa con l’obiettivo di guidare la macchina trentina dell’emergenza. Un mondo complesso - spiega - dove il mondo dei professionisti si intreccia con quello dei volontari (importantissimi). Per stare all’attualità, ieri in centrale si è tenuta una prima riunione per mettere a punto il piano per le “maxi-emergenze”, situazioni al limite, come ad esempio Vaia, quando all’emergenze sanitarie si sommano i black-out e le vie di comunicazione interrotte.

Infermieri o centralinisti?

Dopo il primo filtro della centrale unica 112 le chiamate passano al 118 dove al telefono vi risponderà un infermiere. Sono gli stessi infermieri che - a turno - viaggiano sulle ambulanze, parte di loro anche sull’elisoccorso, perché lavorare sul campo consente di affrontare meglio le emergenze anche dietro le quinte. Con loro - in centrale operativa - c’è sempre un medico, che ha la possibilità di supervisionare gli interventi, anche dopo aver verificato (in tempo reale) la cartella clinica di un paziente, nel caso in cui si tratti di un paziente trentino i cui dati sono inseriti nel sistema. Può capitare che le domande del primo infermiere sembrino un interrogatorio (la persona respira? è cosciente? prova dolore? come è il suo colorito?) ma nel frattempo c’è già un altro collega che sta mandando aiuto. E anche questo, in un territorio complicato come il Trentino, non è un compito facile: inviare l’ambulanza, l’automedica (con un medico a bordo) o l’elisoccorso? E ancora: quale è il reparto di pronto soccorso più adatto per assistere il paziente? quali sono le condizioni del traffico (per l’ambulanza) o meteo nel caso dell’elicottero?

Quasi tutti casi urgenti

C’è chi chiama solo per chiedere informazioni (mio figlio ha la febbre, cosa devo fare?), c’è chi scambia l’ambulanza per un taxi (non ho la patente e non so come raggiungere l’ospedale) ma nella maggior parte dei casi si tratta di emergenze: il 56% delle chiamate sono codici gialli e il 15% delle chiamate sono codici rossi, situazioni cioè in cui è in gioco la vita delle persone. In questi casi la voce degli infermieri può fare la differenza tra la vita e la morte, ad esempio guidando al telefono le persone presenti sul posto in attesa dell’arrivo dei soccorritori.

Il turno in centrale

Al terzo piano dell’edificio di via Pedrotti (dove ci sono anche gli uffici di Trentino Network) i medici fanno turni di 12 ore, mentre gli infermieri si alternano dalle 7 alle 14, dalle 14 alle 21 e dalle 21 alle 7 del mattino. La notte c’è meno concitazione, ma il tempo è spesso interrotto da chiamate di persone che prima ancora di assistenza medica hanno bisogno (solo) di una voce. Ieri il medico in servizio era Nicola Fanton, 34 anni, vicentino di origine, che ha scelto di dedicarsi alla medicina di urgenza: «Si tratta di un mondo faticoso, soprattutto per chi lavora in pronto soccorso, dove ti trovi in prima linea anche di fronte all’ansia e al nervosismo dei pazienti e dei loro familiari, che non sempre si rendono conto di quanto è complicata la macchina dei soccorsi». Fabrizio Schimera, dopo 12 anni in prima linea, è diventato coordinatore: «Abbiamo scritto quella lettera - spiega - nella speranza di far capire cosa c’è dietro quella che sembra una semplice telefonata». Mentre parla sui monitor della centrale si vedono le piazzole di atterraggio degli elicotteri, gli ingressi dei reparti di pronto soccorso e sui monitor dei pc già si possono vedere i movimenti delle ambulanze: le tecnologie in gioco sono avanzatissime, ma per chi attende sulla strada tropo spesso resta solo la sensazione che ogni minuto è un minuto di troppo.

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