il caso

Firma falsa per passare l’esame: nei guai

L’università ha «sospeso» la studentessa per tre anni. Inserendosi nel sistema informatico si sarebbe alzata i voti



TRENTO. Per un episodio è accusata di aver falsificato la firma del docente per «convalidare» il superamento di un esame. In un altro, avrebbe dichiarato di aver superato la prova senza averla mai fatta. E in altri tre casi si sarebbe alzata i voti (già più che dignitosi). Cinque contestazioni che hanno portato all’esclusione dall’università per tre anni di una ragazza iscritta al corso magistrale di ingegneria a Trento. Una decisione pesante presa dal Senato accademico e «ratificata» dai giudici del Tar. La studentessa, infatti, aveva presentato ricorso chiedendo di annullare tutti i provvedimenti che erano stati presi contro di lei. Ma è stato respinto.

Ma come avrebbe fatto la studentessa ad alterare i suoi risultati universitari? Secondo l’ateneo avrebbe sfruttato l’accesso a «Ateneo Esse 3» il sistema gestionale interno che comprende una sezione aperta accessibile agli studenti e una sezione chiusa accessibile solo ai dipendenti dell’università. Ecco la ragazza anche se per brevi periodi, era stata una collaboratrice di Unitn e quindi avrebbe avuto un accesso «particolare» al sistema. Che avrebbe utilizzato per alzarsi i voti di tre esami che aveva superato prima dell’iscrizione al corso magistrale. In un caso il voto «registrato» era addirittura un trenta al quale la giovane avrebbe aggiunto la lode. Poi ci sono i due esami che non sarebbero mai stati superati. In un caso l’università ha accusato la giovane di aver falsificato la firma del docente. Un’accusa supportata da una perizia calligrafica. E per un altro corso di studio, non ci sarebbe alcuna verbalizzazione dell’esame. Accuse pesanti contro le quali la studentessa ha cercato di difendersi, affermando anche di avere delle prove (un testimone terzo e una fotografia scattata con un cellulare) della sua presenza all’esame fantasma. Prove che non avrebbe mai presentato. E pure che nei giorni in cui sarebbero stati alterati i voti, lei non era in ufficio e quindi non poteva avere accesso al sistema informatico interno. Una difesa che non l’ha salvata dalla decisione dell’università di bloccare la sua carriera in ateneo e di escluderla dai corsi per tre anni, ossia fino al 30 ottobre del 2018. E ieri i giudici del Tar hanno anche respinto il ricorso amministrativo, convalidando l’agire dell’università trentina. La vicenda potrebbe avere risvolti penali.

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