«Daniza ha aggredito ecco perché va catturata»

Olivi e Dallapiccola: «Va garantita la convivenza tra l’orso e la popolazione» «Scelto metodo meno cruento per la sicurezza degli operatori e dell’animale»


di Chiara Bert


TRENTO. «L’aggressione di un orso all’uomo, anche se per difendere i cuccioli, rientra tra i livelli di pericolosità più elevati per i quali è prevista la rimozione». Il dirigente Romano Masè è tornato ieri a spiegare perché la cattura di Daniza è oggi una strada «pressoché obbligata». La cattura e la messa in cattività permanente, ma anche la cattura allo scopo di spostare altrove l’animale, sono le due opzioni previste nel caso specifico dal piano d’azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno nelle Alpi centro-orientali (Pacobace), oltre ad un’intensificazione del monitoraggio. Caso molto diverso per esempio da quello di M4, orso ad elevata dannosità, che uccide senza poi cibarsi delle prede, ma che resta molto diffidente nei confronti dell’uomo (da giugno - quando la Provincia ha chiesto al ministero l’autorizzazione all’abbattimento - non si è fatto più trovare e verosimilmente ha scollinato in Veneto). La soluzione estrema - l’abbattimento - è previsto solo in casi limite, quando l’orso attacca per difendere la sua preda, che segue le persone, che cerca di penetrare in case o attacca senza essere provocato.

«La valutazione della procedura da adottare - ha precisato Masè - non è comunque limitata ad un singolo episodio (in questo caso l’aggressione di Ferragosto ai danni di Daniele Maturi, ndr) bensì alla storia dell’animale».

E il «fascicolo Daniza» ricorda che l’orsa - uno dei 9 esemplari sloveni introdotti in Trentino tra il 1999 e il 2000 - in passato è già stata catturata tre volte (nel 2007, 2011 e 2013) - per essere dotata di radiocollare - proprio in ragione dei suoi comportamenti problematici. Il primo episodio risale a 13 anni fa, quando creò grande scompiglio presentandosi alle porte di una pizzeria di Riva del Garda, da dove poi fuggì a gran velocità. Non si contano poi gli episodi di razzie durante gli scorazzamenti in val Rendena, che hanno portato Daniza ad avvicinarsi alle abitazioni. Infine i due cosiddetti “falsi attacchi”, «di gravità crescente», ha ricordato ieri Masè: il primo nel 2008, quando l’orsa, anche allora insieme ai suoi cuccioli, arrivò a qualche metro da un uomo; il secondo nel 2012, sempre a Pinzolo, quando si allontanò solo dopo aver ricevuto una serie di bastonate.

Episodi che hanno segnato la sorte di Daniza. «Non ci sono oggi ragioni - ha ripetuto ieri al termine della seduta di giunta il vicepresidente Alessandro Olivi - per modificare, e men che meno per revocare, l’ordinanza del 16 agosto, che diversamente dai messaggi distorti e falsi di certi animalisti, prevede la cattura e non l’abbattimento dell’orsa per motivi di contingibilità e urgenza». «Quella che abbiamo preso non è stata una decisione facile, ma noi teniamo a un progetto che abbia delle regole ispirate alla convivenza tra la popolazione e l’orso. Il nostro riferimento è il Pacobace che ha standard molto rigidi. Serve un punto di equilibrio tra il progetto di ripopolamento e la sicurezza dei cittadini, e Life Ursus resta il più importante progetto faunistico mai realizzato nell’arco alpino che ha scongiurato l’estinzione dell’orso bruno», ha rivendicato Olivi. «Ci si dimentica che altri Paesi dell’arco alpino hanno abbattuto gli orsi appena dal Trentino hanno sconfinato nel loro territorio».

La giunta respinge al mittente con sdegno le voci di un allentamento delle operazioni di cattura per non alimentare ulteriormente le tensioni delle ultime due settimane. Dal 15 agosto, giorno del fattaccio di Pinzolo, Daniza continua a sfuggire alla cattura e se ne resta bene alla larga dalla trappola posizionata nel bosco piena di cibo (pesce e carne putrefatta) per attirarla. «Non esiste nel modo più assoluto una programmata non cattura», ha risposto ieri Olivi. «Semplicemente vogliamo catturare Daniza in maniera non cruenta», gli ha fatto eco l’assessore Michele Dallapiccola, «la trappola a tubo rappresenta la misura meno afflittiva e che offre maggiori garanzie di sicurezza per tutti». L’alternativa è il fucile con il narcotico, «ma questa opzione - ha spiegato Masè - significa arrivare a meno di 20 metri dall’orso, aumentando i rischi per gli operatori forestali e per altre persone che si trovassero in quel momento nei paraggi, ma anche per Daniza stessa, visto che il narcotico non fa subito effetto e nel frattempo l’orsa, intontita, potrebbe cadere in un torrente o in un dirupo».

©RIPRODUZIONE RISERVATA













Scuola & Ricerca

In primo piano