Allarme mafie: aumentano le operazioni a rischio 

Il rapporto della Banca d’Italia. Nel 2018 sono state 678 le transazioni finanziarie  segnalate perché potevano nascondere il riciclaggio di denaro sporco sul territorio trentino



Trento. Aumentano le operazioni a rischio riciclaggio di denaro sporco in Trentino. Dopo l’allarme lanciato dal procuratore della Repubblica Sandro Raimondi, secondo il quale «La ’ndrangheta e la camorra rappresentano seri pericoli per il Trentino, soprattutto in ambito finanziario», emerge che le operazioni a rischio riciclaggio segnalate all’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia in provincia sono in netto aumento.

Aumenta il riciclaggio

Nel 2018, secondo l’ultimo rapporto pubblicato da poco, in Trentino ci sono state 678 segnalazioni contro le 635 del 2017. Considerando che la provincia viene inserita dall’Uif nei territori con operazioni sospette tra i 20 e i 50 mila euro, si può considerare che il valore complessivo delle operazioni a rischio riciclaggio arrivino ai 300 milioni di euro. In netto aumento rispetto all’anno precedente. Una situazione che non tranquillizza per niente alla luce della parole del procuratore Raimondi.

Il rischio di riciclaggio di denaro sporco, che viene segnalato dai vari operatori professionali, indica come un’economia possa diventare terreno di transito di capitali di provenienza più o meno illecita. Un rischio che preoccupa le forze dell’ordine che, del resto, in passato hanno fronteggiato con successo alcuni tentativi di penetrazione nel territorio provinciale da parte della criminalità organizzata. Il caso della finanziaria Aspide, risalente al 2011, è tra i più noti alle cronache della nostra provincia.

La camorra in Trentino

L’ultimo episodio di questo genere è finito in una maxi inchiesta della Dda di Venezia, con una finanziaria vicina al clan dei casalesi con sede nel vicentino, la Aspide srl, che tentava di acquisire aziende trentine in difficoltà. L’inchiesta della Dda culminò con 28 arresti. Ma il pm di Rovereto Fabrizio De Angelis iscrisse sul registro degli indagati anche il nome di commercialista roveretano per concorso in estorsione aggravata da metodi mafiosi per poi inviare gli atti a Venezia. Secondo le indagini, il commercialista avrebbe avuto il ruolo di quinta colonna all'interno dell'economia trentina. Secondo l’ipotesi accusatoria, il professionista roveretano avrebbe segnalato alla società Aspide srl, che faceva capo a Mario Crisci, detto o Dotto’.

L’operazione Aspide

La società vicina al clan camorristico dei casalesi poi faceva il resto. Inizialmente prestava soldi, poi, pretendeva interessi esorbitanti e, alla fine, si prendeva tutta l'azienda. Il ruolo del commercialista era centrale. Segnalava a Crisci gli imprenditori a corto di liquidità, ma non solo. In un caso, il professionista, avrebbe messo in contatto un proprio cliente con la Aspide srl. Il cliente gestiva un albergo e aveva un debito di 200 mila euro con un imprenditore proprietario dell'hotel. La società del cliente è finita nelle mani di Crisci. Emissari della Aspide, poi, hanno minacciato l'imprenditore titolare dell'albergo per farlo rinunciare al credito. Nel mirino della Aspide era finita anche la società «Il grattacielo srl». Si tratta di una società immobiliare di Rovereto che aveva una quota in un'altra società che gestisce palestre. La Aspide prima ha conquistato la società «Il grattacielo» prestandole soldi a tassi usurari. Poi ha messo in atto un'estorsione con ai danni dei titolari della società che gestisce palestre. I casalesi pretendevano 200 mila euro per cedere la quota della società in pancia alla «grattacielo».













Scuola & Ricerca

In primo piano