la società

Trentino Volley, la pandemia, i bilanci. Il presidente Mosna pronto per la nuova stagione

«Il bilancio del nuovo anno non sarà lo stesso dell’anno scorso» spiega e «la mia priorità  è quella di assicurare la continuità del titolo sportivo, anche perché io non sono eterno e non posso continuare altri vent’anni a questo ritmo. Va programmata una sostituzione»


di Fabio Peterlongo


TRENTO. A pochi giorni dalla conclusione della stagione agonistica 2020-2021, Trentino Volley tira le somme di un’annata che ha confermato i gialloblù nel “gotha” della pallavolo italiana ed europea, viste le partecipazioni alle semifinali del campionato nazionale e alla finalissima di Champions League.

L’annata si è però conclusa con “zero titoli” ed una situazione di bilancio peggiorata dalla pandemia. Tutte le partite sono state disputate a porte chiuse e a soffrirne sono state le entrate della società di via Trener, anche a fronte delle aumentate spese sanitarie, in particolare quelle per i tamponi agli atleti e al personale di bordo campo.

Nelle ultime ore, indiscrezioni di mercato che vedrebbero in partenza i “pezzi pregiati” del roster di Trentino Volley hanno scatenato la preoccupazione dei tifosi.

Ci siamo confrontati con il presidente di Trentino Volley Diego Mosna, con il quale abbiamo fatto il punto della situazione, alla luce delle conseguenze economiche della pandemia, delle responsabilità che il blasone porta con sé e dei mutamenti che stanno segnando lo sport trentino.

  • 2000-2001, l'esordio in A1
  • 2002-2003, l'arrivo di Lorenzo Bernardi
  • 2004-2005, ad un passo dalla semifinale
  • 2005-2006, la miglior stagione dagli esordi in serie A
  • 2007-2008, ecco lo scudetto
  • 2008-2009, il sigillo in Europa con la Champions league
  • 2009-2010, primo mondiale poi la coppa Italia e la Champions
  • 2010-2011, l'anno dello storico Triplete
  • 2012-2013, ancora il mondiale e il terzo scudetto
  • 2013-2014, diventa Itas Diatec Trentino
  • 2015-2016, con Giannelli astro nascente si sfiora il poker in Champions
  • 2016-2017, la stagione di Lorenzetti inizia con la presenza in tre finali
  • 2018-2019, c'è il quinto mondiale e la Cev cup
  • 2019-2020, il Covid, stagione segnata
  • 2020-2021, in corsa fino all'ultimo per un'altra Champions League

Trentino volley, una storia lunga e piena di successi

E’ il 23 maggio 2000 quando Diego Mosna, imprenditore del settore delle carte speciali con la sua Holding Diatec, decide di compiere il grande passo convinto dall’amico e consigliere Alberto Ciurletti: acquistare dalla storica Porto Ravenna i diritti sportivi di serie A1 e portare in Trentino Alto Adige la grande pallavolo.

Presidente Mosna, si parla di una “rifondazione” della squadra, con cessioni importanti. Tra i tifosi c’è un tam tam di messaggi preoccupati. Cosa vuole dire per rassicurarli?

Non parlerei di una “rifondazione”, ma dell’esigenza di tornare a una realtà di mercato che non consente più i voli pindarici degli scorsi anni. La pandemia ha impattato duramente sui bilanci, anche perché a inizio stagione contavamo di poter disputare almeno il 50% del campionato a porte aperte, soprattutto la fase finale della stagione e i playoff.

Così non è stato, abbiamo dovuto fare i conti da un lato con i mancati incassi e i mancati abbonamenti e dall’altro con i maggiori costi. Abbiamo dovuto fare due o tre tamponi a settimana almeno a 25 persone, oltre alle spese di sanificazione. Ciò ha causato un disavanzo importante nel bilancio, che non ci preoccupa particolarmente, sarà coperto. Ma il bilancio del nuovo anno non sarà lo stesso dell’anno scorso. Trentino Volley è ai massimi livelli della pallavolo nazionale ed europea da due decenni ed ha creato un popolo di appassionati.

Qual è l’identikit del tifoso gialloblù?

È difficile fare un identikit del nostro tifoso perché la passione per la nostra squadra è entrata in maniera trasversale in diverse fasce di popolazione: andiamo dai bambini e dai giovanissimi. fino ad adulti e anziani. Notiamo una leggera prevalenza di pubblico femminile. Abbiamo un forte sostegno da parte di chi ha iniziato a seguirci vent’anni fa ai tempi dell’esordio in A1 e che ovviamente oggi ha vent’anni in più!

Ma abbiamo puntato molto sui settori giovanili, con i giovani sportivi che sono appassionati sostenitori della prima squadra. Non dimentichiamo che la squadra conta tantissimi sostenitori anche da fuori provincia. Durante le partite di cartello, quelle da tutto esaurito, fino al 30% degli spalti sono occupati proprio da sostenitori che arrivano da fuori provincia, ma non solo da Lombardia, Veneto e Alto Adige, arrivano persino dall’Austria e dalla Sicilia.

Com’è cambiato il volley in questi due decenni? Anche al netto della pandemia, è più difficile essere presidente oggi o vent’anni fa?

Vent’anni fa era difficile perché mancavamo di esperienza, eravamo la prima realtà sportiva locale che si affacciava su una massima serie nazionale in uno sport di punta e sul palcoscenico europeo. Nel corso degli anni è aumentata la nostra capacità gestionale, ma anche la competizione all’interno di uno sport che è cresciuto molto.

Insomma, i bilanci sono diventati sempre più ricchi e complessi da gestire, ma l’aumento di interesse del pubblico è stato costante, come testimoniano anche i numerosi sponsor.

Abbiamo visto società blasonate come Cuneo e Roma scivolare nelle serie inferiori o addirittura svanire, a causa di scelte manageriali azzardate. Come si evita un simile destino?

La mia priorità come presidente, azionista e tifoso è quella di assicurare la continuità del titolo sportivo, anche perché io non sono eterno e non posso continuare altri vent’anni a questo ritmo. Va programmata una sostituzione, se non ci riesco ho sbagliato qualcosa. Devo assicurare un cambio.

 Il volley è anche un prodotto mediatico. Oggi con internet, l’offerta di contenuti sportivi è virtualmente infinita. Come a si fa a farsi notare in questo contesto affollatissimo?

Vent’anni fa c’era quasi solamente la stampa cartacea, radio e televisioni erano meno numerose, non esisteva la trasmissione via internet. Oggi siamo arrivati al punto che si può vedere tutto via internet e la distribuzione dei nostri contenuti sportivi e agonistici è diventata globale. Anche nel volley la voce degli introiti determinati dai diritti tv per la Lega è cresciuta in maniera significativa. Quello che notiamo è che l’interesse cresce su tutti i media.

Trento “città dello sport”, Il Calcio Trento probabilmente andrà in serie C, l'Aquila Basket è in serie A con due finali scudetto alle spalle. Come fanno le società di vertice a convivere in un territorio così piccolo? C’è il rischio di competere per lo stesso pubblico o si riesce a fare rete?

Il mercato è piccolo perché il territorio è piccolo, ma noi andiamo oltre i confini provinciali. La nostra disciplina attira un pubblico internazionale. Sulle partnership con le altre società sportive di alto livello, ho sempre pensato che la direzione in cui andare sia quella di una sorta di “polisportiva” di qualità, è ormai indispensabile per restare ai massimi livelli nelle diverse discipline. Certo, tra il dire e il fare...

Le istituzioni pubbliche. Siete sempre stati ascoltati ed adeguatamente valorizzati?

Le istituzioni ci sono sempre molto vicine, nonostante l’iniziale spaesaemento, forse erano impreparate a comprendere cosa significa essere una realtà di successo nella massima serie. Poi con i risultati e soprattutto la continuità abbiamo dimostrato di essere un valore aggiunto per il territorio. Riceviamo la sponsorizzazione di Trentino Marketing (controllata della Provincia, ndr) ma è giusto precisare che non sono “contributi” pubblici. È un’operazione di marketing territoriale che si basa su precise ricerche di mercato che tengono conto del valore del “brand” di Trentino Volley, sulla base di dati certificati.

Per concludere, le chiedo di commentare un piccolo aneddoto. Negli anni ’90, il general manager dei Chicago Bulls Jerry Krause entrava spesso in collisione con la sua star Michael Jordan. Jordan sosteneva che il merito dei trionfi fosse riducibile alle prestazioni dei giocatori in campo. Krause sosteneva che la performance agonistica fosse solo l’ultimo atto di un progetto complesso che coinvolge tutta la società sportiva, dai vertici fino all’ultimo degli impiegati. A chi dà ragione?

È difficile non dare ragione a Krause, ma in campo ci scendono gli atleti. La società ha una responsabilità, quella di mettere gli atleti nelle migliori condizioni per competere ai massimi livelli. Alla fine la differenza la fa la qualità tecnica degli atleti.













Scuola & Ricerca

In primo piano