LA STORIA

Morì nel Pavese, identificato soldato della Valle Aurina

Karl Oberhollenzer fu ucciso nel 1945. La verità scoperta grazie al lavoro del ricercatore piacentino Piero Ricci che ha preso il via da una tomba senza nome nel cimitero di Rosasco



BOLZANO. Ha il nome di un giovane che era partito dalle Valle Aurina, da San Giovanni, una tomba rimasta per decenni senza indicazioni nel cimitero di Rosasco, in provincia di Pavia, al confine con il Piemonte.

Si tratta di Karl Oberhollenzer, nato il 27 aprile 1922 e ucciso fra il 5 e il 6 maggio 1945, probabilmente fucilato dopo una breve detenzione nell’ospedale psichiatrico di Vercelli, a pochi chilometri dai luoghi dell’esecuzione e della sepoltura.

Il nome del soldato tumulato a Rosasco è stato ritrovato dallo storico Piero Ricci, membro del Grac - Gruppo ricerca aerei caduti di Piacenza -, che ha poi contattato i parenti altoatesini di Oberhollenzer, rintracciando tre sorelle e un fratello e il cugino Georg, dirigente di banca.

La famiglia di Karl si è già recata nel Pavese, ha visitato la tomba e vi ha portato una corona e un cero, lasciando aperta l’ipotesi di riesumare ciò che resta dello zio per seppellirlo in Valle Aurina.

Oltre a dare un nome ai resti di quel soldato e oltre a ricomporre la storia di quel giovane scomparso, Ricci ha ricostruito una vicenda che si intreccia con tante biografie e con episodi ed eventi accumulatisi nel periodo alla fine della Seconda guerra mondiale, tra la parabola della Repubblica sociale italiana (Rsi) e la Liberazione, l’avanzata degli alleati e la ritirata dell’esercito tedesco. E nelle forze armate tedesche, nella Wehrmacht, aveva combattuto Karl Oberhollenzer. Dopo gli studi al collegio Vinzentinum a Bressanone, aveva superato l’esame di maturità nel 1940 a Berlino e nel settembre dello stesso anno era stato aggregato alla Divisione alpina a Innsbruck. Nelle file della 5. Gebirgs-Division, come Ricci spiega nella sua ricerca storica, Oberhollenzer era stato impegnato in Grecia e poi a Leningrado, prima del trasferimento nel nord Italia, dove, mentre il conflitto lasciava spazio alle feste della liberazione, aveva conosciuto Barbara Forlani, appartenente ai Servizi Ausiliari Femminili, un corpo della Rsi. Ne era probabilmente nata una relazione e con gli altri soldati tedeschi in ritirata, Karl e Barbara arrivarono nel Vercellese e da qui la ricostruzione perde le tracce di verbali di forze dell’ordine e altri documenti dell’epoca ed entra nel territorio delle ipotesi.

"Forse – dice Ricci – i due volevano raggiungere la casa di lei, a Castelfranco Emilia, nel Modenese”. Vennero invece fermati e arrestati da partigiani. Con Karl e Barbara, c’era Bruna Callaini, capo gruppo ausiliarie. Finirono tutti all’ospedale psichiatrico a Vercelli e poi, in una vorticosa accelerazione di fatti, ordini, decisioni e tragedie, furono fucilati.

 













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