l’inchiesta

La truffa della criptovaluta: 3.700 vittime in Alto Adige. Bonifici dalla provincia per 11 milioni

Nella lunga indagine della finanza individuati anche tre fratelli altoatesini che erano al vertice della società bulgara. Il giro “d’affari” a livello mondiale è di quasi 2 miliardi di euro



BOLZANO.  14 persone sono state rinviate a giudizio per i reati di truffa aggravata, diffusione e promozione abusiva e vendita piramidale di moneta elettronica, abusiva raccolta del risparmio e abusivismo finanziario, il tutto con l’aggravante della transnazionalità.

Questa la conclusione di un’indagine della Finanza altoatesina che prende le mosse dall’attività svolta dalla società bulgara «OneCoin Lt» la quale, attraverso numerosi cittadini, italiani ed esteri, promuoveva abusivamente l’acquisto della criptovaluta denominata «OneCoin», spacciandola come strumento finanziario ad alto rendimento.

In realtà, il meccanismo era quello tipico del sistema di vendita piramidale (Multi Level Marketing), paragonabile al tipico «Schema Ponzi», vale a dire a un modello economico di vendita truffaldino in cui l’investitore consegue dei guadagni solo se riesce a reclutare nuovi aderenti – a loro volta vittime del raggiro – in grado di apportare risorse finanziarie fresche destinate a remunerare i guadagni dei soggetti posti ai livelli superiori della piramide.

 L’attività d’indagine ha consentito d’individuare in Ruja Ignatova, fondatrice della società che ha originariamente diffuso la moneta virtuale “OneCoin”, l’ideatrice e la promotrice della truffa a livello internazionale. Si tratta di una persona molto nota alle cronache giudiziarie per essere sotto indagine o aver subito condanne in diversi Paesi, europei e non. La cittadina bulgara veniva coadiuvata in Italia da tre fratelli altoatesini residenti all’estero, anch’essi ai vertici dell’organizzazione, i quali, a loro volta, si avvalevano di una moltitudine di promotori a livello nazionale e locale.

Le indagini hanno portato all’individuazione di 10 di questi, di cui 9 altoatesini e 1 veneto.

La condotta criminosa – spiega in una nota la Finanza – consisteva nella promozione della “criptovaluta OneCoin” che avveniva promettendo guadagni straordinari, in poco tempo e facilmente. Inoltre, venivano promessi bonus aggiuntivi qualora gli aderenti all’investimento avessero reclutato ulteriori soci-investitori. Ai malcapitati veniva raccontato non solo che, al crescere del numero degli investitori, sarebbe aumentato significativamente il valore della criptovaluta sul mercato ma anche che era possibile la conversione in valuta corrente, attraverso una non meglio precisata quotazione in borsa della moneta; quotazione che non è mai avvenuta. 

Gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno raccolto dati ed elementi sufficienti per concludere che il sistema “OneCoin” consisteva in un’autentica truffa caratterizzata da artifici e raggiri consistenti nella rappresentazione incompleta, poco trasparente e non veritiera dei termini e delle condizioni del programma d’investimento proposto ai consumatori.

La natura effettiva degli impegni che questi ultimi assumevano sottoscrivendo l’adesione al “sistema OneCoin”, nonché le reali possibilità di conseguire guadagni riproduceva le dinamiche tipiche delle vendite piramidali, considerate in ogni caso ingannevoli dal Codice del Consumo.

Una volta carpita la buona fede dei potenziali investitori, gli stessi venivano indotti a far parte dello schema piramidale, vedendosi riconosciuti una serie di bonus, sia in relazione alla tipologia di pacchetto acquistato sia in ragione del particolare sviluppo della propria rete/catena di vendita.

In altri termini, gli sventurati acquirenti, una volta acquistato il “pacchetto” OneCoin, non si trovavano in mano una vera e propria criptovaluta come potrebbe essere, ad esempio, “Bitcoin” che, come noto, consente di effettuare transazioni senza scambiare dati personali e in totale anonimato nonché di acquistare beni e servizi presso negozi digitali e altre attività commerciali.

La complessa attività d’indagine si è sviluppata attraverso l’esecuzione d’intercettazioni telefoniche e ambientali, numerose perquisizioni (sia in Alto Adige che in Veneto), oltre che di attività investigative svolte all’estero, in particolare in Bulgaria e in Germania, dove è stato possibile effettuare un coordinamento tra Uffici investigativi, stante l’esistenza, in quei Paesi, di analoghi procedimenti penali, le cui risultanze facevano emergere un quadro impressionante della portata della truffa a livello mondiale, quantificabile nell’ordine di almeno 1,8 miliardi di euro.

Le indagini finanziarie condotte dalla Guardia di Finanza di Brunico presso Istituti di credito altoatesini, ha consentito di accertare che, per l’acquisto di “pacchetti OneCoin”, sono stati effettuati bonifici verso l’estero per circa 11 milioni di euro, di cui circa 5 milioni disposti da 3.700 residenti in provincia.













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