il duplice omicidio

I coniugi Neumair avevano paura: in casa avevano fatto sparire i coltelli

Temevano per le sfuriate del figlio che però non venne considerato pericoloso nonostante una diagnosi di schizofrenia paranoide con aspetti aggressivi. Agli atti dell’inchiesta tutti i depistaggi messi in atto da Benno e le menzogne alla sorella Madè


Mario Bertoldi


BOLZANO. Dopo la crisi evidenziata a Ulm con il litigio con la fidanzata dell’epoca ed il ricovero coatto per tre giorni in una struttura psichiatrica ospedaliera, Benno Neumair nell’estate dello scorso anno era stato convinto dai genitori di sottoporsi ad una terapia di carattere psichico a Bolzano ma l’inizio della cura slittò all’inizio di settembre per la situazione critica provocata dall’emergenza Covid. Successivamente Benno cambiò idea. E’ quanto evidenziò la madre, Laura Perselli, in un messaggio inviato ad un’amica, tre settimane dopo il ritorno di Benno a Bolzano. La donna non nascose il suo disappunto e la sua paura. Disappunto per la mancata cura che il figlio avrebbe potuto iniziare in Germania (ove gli era stata diagnosticata una schizofrenia paranoide con disturbi di personalità in chiave aggressiva); paura perchè le condizioni psichiche di Benno erano considerate dai genitori pericolose tanto da dormire la notte con la porta della camera chiusa a chiave.

«E’ dura - scrisse Laura Perselli all’amica dopo tre settimane di convivenza in casa con Benno - abbiamo nascosto e messo via i coltelli ma in giro ci sono forbici... c’è di tutto». Parole pesanti che indicano quanto la famiglia Neumair avesse bisogno di trovare aiuto nei presìdi sanitari psichiatrici. Un aiuto che Laura e Peter non riuscirono a trovare mentre Benno, dopo essere rientrato a Bolzano dalla Germania, aveva addirittura chiesto ai genitori di poter dormire nella loro camera, come un adolescente in cerca di protezione e affetto.

Dalla storia di questo dramma emergono le diverse personalità di un Benno sempre più enigmatico, da giovane fragile ed incapace di diventare adulto, a maniacale amante della perfezione fisica e dei muscoli gonfiati (con poca voglia di lavorare), a freddo e implacabile killer dei propri genitori. Il destino di questo giovane è sempre più nelle mani degli psichiatri e dei criminologi che dovranno valutare la sua lucidità mentale ed i suoi disturbi della personalità, con una irresistibile inclinazione alla menzogna. In primo luogo nei confronti della sorella Madè che dopo la scomparsa dei genitori gli chiedeva di sapere tutta la verità.

«Io ho raccontato tutto quello che sapevo - le aveva assicurato telefonicamente Benno - ti prometto che non ho nessuna idea di quello che possa essere successo a mamma e papà, nemmeno la più piccola».Sempre al telefono, Benno si spinse ancora più in là cercando addirittura di far nascere sospetti sul «marito meridionale (così lo definì, ndr)» di una donna che frequentava casa Neumair e a cui papà Peter e mamma Laura avevano prestato 6 mila euro. Agli atti dell’inchiesta sono riportati i tentativi di Benno di indurre la sorella a credere che si trattasse di una somma rilevante e che i genitori potessero essere stati aggrediti e uccisi proprio da chi quella somma avrebbe dovuto prima o poi restituirla. In realtà si trattava dell’ennesimo tentativo di depistaggio di un Benno preoccupato di far allontanare da sè i sospetti della sorella. La quale chiese al fratello anche spiegazioni sull’utilizzo, la sera della scomparsa dei genitori, dell’auto che papà Peter e mamma Laura non avrebbero mai permesso a Benno di usare per recarsi a trascorrere la notte dall’amica Martina ad Ora. Anche in questo caso Benno raccontò una serie di fandonie alla sorella sostenendo che era stata la madre a permettergli, eccezionalmente, di usare l’auto. In realtà la chiave della vettura fu sottratta alla donna dopo lo strangolamento. Gli inquirenti hanno infatti trovato al suo posto la seconda chiave della vettura che era stata nascosta nel risvolto di un tappeto in fibra di cocco che i genitori avevano nella camera da letto. L’unica a saperlo era la sorella Madè e proprio a lei l’omicida Benno raccontò l’ennesima menzogna pensando di essere creduto.













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