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Famiglie vulnerabili, 43 seguite dal “Progetto Pippi”: la rete di servizi, scuola, vicinato

Nato per sostenere i genitori in difficoltà e mantenere i minori all’interno del nucleo famigliare 



TRENTO. Sono 43 le famiglie trentine “vulnerabili", con minori tra i 6 e i 10 anni, accompagnate con il progetto “Pippi”, il Programma nato per prevenire l’istituzionalizzazione dei bambini di famiglie con problemi.

La Commissione d'indagine del consiglio provinciale sull'affidamento dei minori oggi (20 settembre) ha approfondito il progetto. "Un percorso più impegnativo rispetto all'allontanamento dei minori, ma che permette di mantenere l'integrità del nucleo familiare", ha sottolineato l'assessora Stefania Segnana.

Anna Berloffa, direttrice del Centro per l'infanzia, ha tratteggiato i contenuti del progetto Pippi e le linee d'indirizzo nazionali governative che sono state accolte dalla Giunta con una delibera del 2019. L'idea di fondo del progetto è quella di intercettare preventivamente le vulnerabilità delle famiglie. Una presa in carico a 360 gradi che coinvolge la rete dei servizi sociali e il privato sociale. Attualmente, su buona parte del territorio trentino, è in corso la nona edizione del progetto e da marzo sono partite le sperimentazioni in tutte le comunità di valle. Il modello Pippi, inoltre, è diventato un Leps, cioè un livello essenziale dei servizi sociali. 

A livello nazionale la sperimentazione è diffusa il 20 regioni e ha coinvolto 4800 famiglie. Un metodo scientifico per sostenere la genitorialità delle cosiddette famiglie “vulnerabili” coinvolgendo scuola, terzo settore, mondo educativo, servizi sociali e sanitari. La famiglia - ha sottolineato la dottoressa Rita Gelmini che segue il progetto - è parte integrante dell’equipe multidisciplinare e viene presa in carico con un’azione intensiva e di breve durata, perché, come risulta dalle ricerche, nell’arco di 18 mesi le famiglie possono conquistare la loro autonomia.

Nel programma sono previsti anche interventi di quello che viene definito "vicinato solidale” (associazioni sportive o familiari) e gruppi di discussione tra genitori.













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