Economia

Allarme dei sindacati trentini: "Alzare gli stipendi, le famiglie non coprono più le spese"

I segretari di Cgil, Cisl e Uil: "Quasi due trentini su tre dichiarano di non riuscire a risparmiare. Nella nostra provincia metà dei dipendenti attende il rinnovo del contratto"



TRENTO. "Se il 41,4% degli intervistati dalla Camera di commercio dichiara di coprire appena le spese del proprio bilancio familiare e il 64,5% di non riuscire a risparmiare, allora è evidente ancora una volta che le famiglie trentine fanno fatica a stare al passo con i livelli dei prezzi. Questo sicuramente a causa dell'impennata dell'inflazione che sulla nostra provincia ha raggiunto un tasso di crescita del 16% nell'ultimo anno e mezzo, ma anche perché mentre i prezzi correvano le buste paga restavano ferme e, comunque, al di sotto della media italiana". Così, in una nota, i segretari di Cgil, Cisl e Uil del Trentino, Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Alotti, commentando i dati emersi dall'indagine sulla fiducia dei consumatori trentini.

"Non si può guardare al dito senza vedere la luna come fa il presidente Gianni Bort, che invocando il taglio del tasso d'interessi omette però di ricordare che le lavoratrici e i lavoratori del commercio e del turismo in Trentino, come nel resto d'Italia, hanno il contratto scaduto da cinque anni. Nella nostra provincia circa la metà dei dipendenti attende il rinnovo contrattuale. Non rinnovare i contratti nei tempi giusti non fa altro che impoverire ulteriormente le famiglie", aggiungono i segretari. Gli esponenti sindacali puntano il dito anche contro il tasso di precarietà dell'occupazione, che colpisce soprattutto donne e giovani lavoratori. "Un contratto precario per definizione non permette di guardare con fiducia al futuro né di fare progetti", affermano Grosselli, Bezzi e Alotti, chiedendo alla Provincia di "fare la propria parte con una politica dei redditi", rafforzando le "misure di welfare familiare". 

Accanto al problema retributivo Cgil Cisl Uil puntano il dito anche contro il tasso di precarietà dell’occupazione che colpisce soprattutto donne e giovani lavoratori. “Un contratto precario per definizione non permette di guardare con fiducia al futuro né di fare progetti”. 

Infine le tre sigle si soffermano sul dato relativo alla casa. Solo il 3,6 degli intervistati immagina di investire sull’acquisto o la ristrutturazione di un’abitazione. “Accanto alle imprese anche la Provincia deve fare la propria parte con una politica dei redditi che non può prescindere dal rafforzamento delle misure di welfare familiare per le famiglie, a cominciare dall’indicizzazione dell’Assegno unico e da una concreta politica abitativa che implementi il numero di alloggi pubblici disponibili e sostenga, anche con il fondo di housing sociale, l’acquisto della prima casa”.













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