L'editoriale

Gli "eroi" della sanità e i nostri errori

In questi giorni in cui il tempo non è più nelle nostre mani, dobbiamo prima di tutto resistere. E prepararci ad attendere. Ma dobbiamo anche pensare a qualcosa che cambierà e che dovremo cambiare: basta tagli alla sanità, basta scarsa attenzione alla ricerca, basta


Paolo Mantovan

In questi giorni in cui il tempo non è più nelle nostre mani, mentre le strade si svuotano e i bollettini medici scandiscono le giornate, bisogna prepararsi a resistere. Innanzitutto resistere. Oggi dobbiamo resistere. E insieme sperare che le misure siano sufficienti a contenere l’infezione, augurarci che il numero dei contagiati finisca di crescere, confidare in una ripresa della vita “normale” nel più breve tempo possibile. 

Ma dobbiamo prepararci ad attendere. E dobbiamo soprattutto imparare a vivere in un altro modo. Altro che vita “normale”. Tante cose saranno rimesse in discussione durante e dopo questa pandemia. Ciò che abbiamo ritenuto “normale” in questi anni non potrà più esserlo domani. 

In questi giorni in cui torniamo ad accarezzare il senso forte dell’essere comunità, dove ci troviamo tutti responsabili gli uni degli altri nel non diffondere il contagio, nel tenere le distanze, dove riconosciamo la centralità degli operatori sanitari e del sistema sanitario, in questi giorni celebriamo anche con la retorica questi valori ritrovati: così i medici e gli infermieri diventano “eroi”. Certo che sono angeli ed eroi. Ma ora è il momento dell’emergenza. E l’emergenza c’è anche perché negli ultimi anni si sono accettati tanti, troppi tagli sulla sanità. Soprattutto in Italia. Ecco la prima cosa che dovrà, per forza, cambiare anche quando si tratterà di fare bilanci, quando si metteranno a punto le manovre finanziarie: non si potranno fare tagli sulla sanità, all’opposto, occorrerà investire, e investire tanto anche in personale sanitario, perché c’è soprattutto carenza di medici e c’è carenza di infermieri, e non solo di respiratori per la terapia intensiva o di mascherine. Che ci regalano i cinesi.

Ecco, proprio dai cinesi arriva una delle più belle sorprese di questa settimana. Il cargo atterrato a Fiumicino proveniente dalla Croce rossa di Shanghai e destinato a quella italiana con a bordo nove bancali pieni di ventilatori polmonari, materiali respiratori e decine di migliaia di mascherine, è un’ulteriore dimostrazione dei cambiamenti che stanno avvenendo. I cinesi, certamente in una fase positiva, di speranza di uscita dal tunnel, ma pur sempre all’interno di una situazione di emergenza, riescono a farsi carico di darci una mano, dare una mano all’Italia, agli italiani. Certo, dietro ci sono mille convenienze commerciali, ma dal resto del pianeta non abbiamo visto arrivare aiuti. Dalla Cina sì.

Sì, è una goccia nel mare. Ma questa goccia ha un grande valore, non solo simbolico. E ha valore - ahinoi - anche nel segnalare ulteriormente come la nostra dotazione sanitaria non sia sufficiente e rischi il collasso di fronte a quest’emergenza. Questa difficoltà è il frutto di anni di politiche superficiali o “interessate” sulla sanità, politiche concentrate solo sull’eccellenza medico-chirurgica, sulla privatizzazione clinica oppure, nella ricerca, sul business. Il resto è stato razionalizzato. Anzi, forse è meglio dire “razionato”. I cali li vediamo con chiarezza nei problemi del sistema sanitario generale. Nelle difficoltà crescenti negli ultimi anni. Eppure, secondo l’ultima relazione della Corte dei Conti al Parlamento con la legge di bilancio approvata il 30 dicembre 2018, sono state incrementate le risorse da destinare al fabbisogno sanitario. Dai 114,4 miliardi di euro stanziati nel 2019, ai 116,4 miliardi di euro per il 2020, fino ai 117,9 miliardi previsti per il 2021. Ma, come si legge nella stessa relazione, gli investimenti, proprio da parte degli enti locali, sono stati ridotti del 48% tra il 2009 e il 2017. E con essi le risorse umane, in calo del 5,3 per cento. Niente investimenti sulle risorse. 

E così adesso si pensa a mettere in corsia di rianimazione gli specializzandi del terzo anno o si riportano i pensionati, che - nel caso di questo virus - sono i più esposti data l’età. Ricorriamo agli estremi perché ci troviamo senza “età di mezzo”, cioè non siamo stati in grado di coltivare medici e infermieri (oltre che dotazioni di terapia intensiva). E poi li chiamiamo “eroi”, “angeli”. Certo che sono eroi e angeli. Ma prima?

Prima probabilmente pensavamo a fare girare soltanto il business. E così abbiamo smantellato le colonne portanti del nostro vivere comunitario. Della sanità abbiamo appena detto. Vogliamo parlare della giustizia e della scuola? Quanto le stiamo trascurando?

Ecco, in questi giorni in cui il tempo non è più nelle nostre mani, cominciamo a pensare a come riprendercelo in mano appena sarà possibile. 

Ma pensiamoci bene. Per davvero. Insisto perché lo so bene, purtroppo, che noi italiani abbiamo la memoria corta. Siamo artisti ed “eroi” (appunto), ma poi, quando si tratta di avere memoria ci dimentichiamo di tutto. Questi giorni in ritiro, in questa nuova dimensione, fra timori, tristezza, bisogno di abbracci e di comunità, occorre tenere duro, prima di tutto, e poi è necessario prepararsi a ricostruire una linea di prospettiva che rafforzi le colonne su cui una comunità si regge.