al bivio

Rivoluzione val di Fassa: "Meglio meno turisti"

La giornata di confronto organizzata dall'Asat: decrescere per vivere, meno presenze e più ecologia e qualità della vita


Ilaria Puccini


VAL DI FASSA. Che strada vuole intraprendere la Val di Fassa per il futuro? Rendersi una comunità attiva, capace di vivere e lavorare sul territorio tutto l’anno, con servizi e attività per i cittadini, o diventare un villaggio vacanza composto di seconde case e attività ricettive schiave della stagionalità e aperte con il solo scopo di accogliere folle di turisti che torneranno a casa dalle vacanze più stressati di quando erano arrivati?

Un interrogativo che, nel primo incontro di questo genere in Trentino, è partito ieri pomeriggio (9 maggio) dagli albergatori dell’Asat riuniti al Museo Ladino di Sen Jan, ma che interessa potenzialmente tutta la Provincia.

Mentre a Trento stagione dopo stagione si festeggiano i numeri record degli arrivi e negli eventi si fa a gara di chi incassa più decine di migliaia di persone su due giorni, qui c’è chi propone, per il 2040, un modello “15-45”: raggiungere cioè i 15mila residenti per un tetto massimo di 45mila presenze turistiche simultanee.

Oggi la popolazione della vallata ladina conta infatti circa diecimila abitanti, e registra gli stessi trend di decrescita demografica di altre località, mentre la ricezione conta oltre 60 mila posti letto. Si tratta quindi - hanno spiegato i vertici Asat - di passare da un rapporto di un residente ogni sei turisti, a uno ogni tre. Cioè dimezzare le presenze.

Un obiettivo ambizioso, un vero e proprio cambio di paradigma, non certo alla portata di una politica semestrale o annuale. «Ma se ci abituiamo a pensare sul lungo termine, quindi ad esempio al 2040 - spiega il presidente di Asat Centro Fassa, Guglielmo Lasagna - abbiamo circa 15 anni a disposizione, e allora ecco che si può iniziare un percorso ragionato e concreto non solo con gli operatori ma anche con i cittadini, che faranno valere queste istanze anche tra i loro rappresentanti politici».

Non ci sono dunque solo problemi da affrontare ma anche opportunità da cogliere, concordano gli albergatori: ma sarà importante coltivare la motivazione di agire sul lungo termine, darsi una direzione, e lavorare con metodo, valutando costantemente la propria posizione in relazione al raggiungimento degli obiettivi.

Il primo passo è stato delineare la situazione attuale degli albergatori, soprattutto in merito al passaggio generazionale: l’indagine “Fassa 2040”, svolta in collaborazione con l’ufficio marketing e ricerca di Asat, ha restituito un quadro di aziende in gran parte a conduzione familiare, fondate dalle scorse generazioni (il 70% esiste da almeno 15 anni mentre le nuove attività sono solo il 16%), con il 60% dei figli che non lavora in hotel e il 36% delle strutture che si dicono pronte a vendere, qualora non fossero i figli a voler prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia.

Il problema del passaggio generazionale c’è: «Dai risultati del sondaggio, entro il prossimo autunno, sarà presentato un piano strategico per i prossimi tre anni» ha dichiarato Lasagna.

Per aprire lo sguardo a un orizzonte più ampio, l’associazione albergatori ha invitato all’incontro anche Valentina Doorly, esperta europea specializzata in «studi anticipanti» nel settore turismo e ospitalità, che nella seconda parte dell’incontro ha interloquito con il direttore dell'Apt Val di Fassa, Paolo Grigolli. «Sull’arco alpino, a fronte di 14 milioni di abitanti, ogni anno si registrano 120 milioni di presenze turistiche, a cui va aggiunta una stima di 100 milioni di escursionisti».

Questi dati, secondo la ricercatrice, rendono le Alpi la destinazione per ben il 43% del turismo montano invernale a livello globale. Il turismo, riconosce Doorly, è stato ed è una componente essenziale per il lavoro e la vita della comunità montana; tuttavia, a fronte della crescita irrefrenabile dell’industria a livello mondiale, con sempre maggiori numeri di persone in movimento, è necessario chiedersi sin da ora a quale tipo di turismo si vuole puntare per il futuro, considerando anche alcuni tra i principali megatrend in corso a livello mondiale.

Tra i principali ci sono l’invecchiamento della popolazione (e dei clienti), quindi una società «geriatrica», soggetta a forte spopolamento, con l’Europa che sarà il continente più anziano del mondo.

In secondo luogo la crisi climatica, con temperature in aumento che oltre a espellere lo sci dall’Appennino e relegarlo sempre più in alta quota sulle Alpi, renderanno d’altro canto la montagna un rifugio climatico sempre più ambito per la popolazione in fase di invecchiamento. Quando l’estate nella Pianura Padana vedrà punte di 45 gradi, si fuggirà in quota.

In terzo luogo, l’innovazione digitale, che per la prima volta renderà la montagna pienamente partecipe nei processi di sviluppo.

Nella terza fase dell’incontro, gli albergatori di Asat Val di Fassa hanno coinvolto i numerosi partecipanti in un lavoro di gruppo per condividere la visione maturata in questi mesi: su appositi cartelli divisi per categoria, i partecipanti hanno effettuato brainstorming per cercare di raccogliere le idee su possibili approcci e soluzioni a temi come la ricerca e la formazione di personale, la creazione di un’accademia per la specializzazione o la sostenibilità ambientale.

Nel mondo, c’è chi si è già mosso: da Amsterdam (850mila residenti e 20 milioni di visitatori) che ha chiuso i cannabis bar ai turisti; fino a Bruges, in Belgio (20mila abitanti contro 8,3 milioni di visitatori) che ha detto stop agli attracchi incontrollati delle navi da crociera, fino al “numero chiuso” che si è dato l’Alto Adige: «Si tratta di ripensare il turismo verso un modello più equilibrato, sostenibile ed ecologico - conclude Lasagna - dove “ecologico” significa che dal suo sviluppo dipendono il futuro e la vita stessa della nostra comunità».

 













Scuola & Ricerca

In primo piano