Ciclismo, l'ora della svolta / FOTO

Forum in redazione con i campioni trentini delle due ruote


Gianpaolo Tessari


TRENTO. Se fosse il foglio di partenza di una corsa di ciclismo sarebbe da leccarsi i baffi. Citiamo in ordine alfabetico: Alessandro Bertolini, Daniel Oss, Moreno Moser, Matteo Trentin. Per non parlare del pedale in rosa, con Rossella Callovi e Luisa Tamanini. Sull'"ammiraglia" un mostro sacro come il già iridato Maurizio Fondriest e l'ex pro Stefano Casagranda, tra le menti pensanti della settimana tricolore che andrà in scena in Valsugana nel giugno dell'anno prossimo.

Insomma, nessuno si offenderà, il gotha del ciclismo trentino dei giorni nostri. E proprio per fare il punto su una stagione che si annuncia promettentissima per i nostri, li abbiamo invitati per un forum nella redazione del Trentino.

Non era facile radunarli, tutti assieme, attorno ad un tavolo tra vacanze esotiche, lavoro in palestra e ritorno al pedale: «Con questi tre ragazzi, Oss, Moser e Trentin, siamo tornati ad un livello di professionisti che mancava (tutti in un volta) da anni. Possiamo davvero puntare su di loro, a patto che si mettano in sella pensando in grande, ma allo stesso modo con umiltà. Tenendo i piedi per terra» ha chiosato Maurizio Fondriest, il più titolato tra i presenti (Mondiale e Sanremo tanto per citare) e con una visione intergenerazionale molto lucida.

Daniel Oss è al quarto anno tra i pro e vanta già due maglie azzurre nella nazionale azzurra e altrettante vittorie in bacheca: «Nella Liquigas siamo in tanti a poter vincere. Spesso mi è capitato di dare una mano ai colleghi veloci ma è la strada il più delle volte a dire chi si mette al servizio di chi. Non lo vedo per ora come un ruolo che mi limita, sono sicuro di poter crescere ancora per puntare alla classiche».

Riflettori puntati su Moreno Moser, attento ad ascoltare ed ad intervenire nella discussione, come a leggere i finali di corsa. Lui sa benissimo di essere un osservato più che speciale: «Non prometto nulla. Non avrebbe senso, con i pro ho corso (sì, vabbè ho fatto bene) una sola gara il Melinda. In pianura si va molto forte tra i dilettanti, in salita dicono che i professionisti spingano di più. Vedremo, debbo imparare parecchio» ma lui la sparata in salita l'ha nel dna ed è una carta pesante da buttare sul tavolo.

Matteo Trentin è una roccia fisicamente ed, alla vista, anche nel modo di porsi: «Io ho già fatto quattro mesi tra i pro e posso dire che qui, rispetto ai dilettanti, c'è un altro passo in salita». Lui ha fatto vedere cose egregie tra i puri e nell'assaggio di professionismo ha confermato grandi doti.

Un terzetto che ci proietta potenzialmente su ogni traguardo, senza precluderci (con Moser) di affacciarci alla gare a tappe. Sogni? Vedremo. Chi è in grado di leggere nel futuro di questi talentuossimi giovani (poco più di 60 anni in tre) è Alessandro Bertolini, che di anni ne farà 41 nel 2012: «E 18 anni di professionismo. Questi tre ragazzi sono forti, fortissimi. Hanno di sicuro un grande avvenire. Ma attenzione: eccellere è sempre più difficile. Il ciclismop è sempre più globalizzato, si è allargato a parti del mondo dove un tempo si sapeva a malapena che cosa fossero le gare ciclistiche. I ruoli, nelle squadre, sono più sfumati. Non c'è più un solo capitano assoluto, ma dipende dal tipo di percorso».

Il Berto è ad un bivio. Deve decidere se fare ancora una stagione (mezza dai, sino al campionato italiano) o attaccare la bici al fatidico chiodo: «Non lo so davvero. C'è molta crisi, gli sponsor hanno stretto i cordoni della borsa. Potrei rimanere con un ruolo tecnico ma non vorrei fare il comprimario». Mamma mia che 2012 ci attende.













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