Tuffi

Buon compleanno Klaus Dibiasi: l'Angelo Biondo ha 70 anni

Tre medaglie d'oro in tre edizioni dei Giochi, il bolzanino resta uno dei miti dello sport italiano



ROMA. Non solo il primo amore, anche la prima medaglia non si dimentica mai. «Avevo 16 anni e a Tokyo 1964 vinsi l'argento nei tuffi, sfiorai l'oro per inesperienza» dice Klaus Dibiasi, l'Angelo Biondo, uno degli atleti più emblematici e vincenti dello sport italiano. Venerdì Dibiasi compie 70 anni. Ricorda ancora: «La mia prima medaglia, giovanissimo, non avevo nemmeno una piscina coperta dove allenarmi, e dovevo accontentarmi dei tappeti elastici».

Altri tempi. Tuffatore figlio di tuffatore (il padre partecipò a Berlino 1936) Klaus ha cominciato a 10 anni e si è tuffato oltre 10mila volte. «Ho smesso dopo Montreal 1976, dove vinsi il terzo oro olimpico (gli altri due a Messico 1968 e Monaco 1972, ndr)» dice, «ma dalla piscina non mi sono mai allontanato, perché poi ho fatto l'allenatore e il dirigente». Dibiasi sfoglia l'album dei ricordi: «La vittoria più bella? l'ultima, a Montreal 1976. Avevo fastidio a tendine e gomito. Il mio rivale era Greg Louganis, l'americano 16enne, destinato a succedermi. Feci la gara perfetta, fu bellissimo». In quei Giochi Dibiasi fu il portabandiera, «ancora ringrazio il Coni per quell'onore» dice, senza aggiungere che quell'oro fu l'unico vittoria (più Dal Zotto nel fioretto) di una delle più disastrose spedizioni olimpiche italiane.

Di Monaco 1972 il fuoriclasse ricorda la strage degli atleti israeliani a opera dei terroristi palestinesi: «stavamo tornando in Italia. Sentimmo la notizia alla radio, poveretti. Chiunque poteva entrare nel villaggio olimpico, bastava indossare una giacchetta da atleta e nessuno diceva nulla». Nel 1968 Dibiasi ha 19 anni, vince l'oro a Città del Messico e in un colpo solo porta a casa 1 milione di lire dal Coni «che per un ragazzino era tanto»; una 500 in dono dalla Fiat «la mia prima auto»; e finalmente la costruzione di una piscina coperta a
Bolzano. «Oggi nello sport girano tanti soldi, al mio tempo non c'erano sponsor, erano vietati. Una ditta di abbigliamento mi propose di apparire in cartelloni pubblicitari, ma non ebbi il permesso» ricorda Dibiasi.

L'altoatesino ha segnato un'epoca per lo sport italiano, «quelli di una certa età si ricordano di me, i giovani certo no». Fu il re della piattaforma per quasi 20 anni, dominando Olimpiadi, Mondiali e Europei. In gara faceva coppia terribile con Giorgio Cagnotto, «era più bravo di me nel trampolino». I due erano concittadini e amici e si allenavano insieme: «gli avversari ci indicavano col dito, "ecco gli italiani", temendo l'en plein azzurro in gara». Dibiasi ha inventato una tecnica per ridurre gli schizzi nell'impatto con l'acqua. Un trionfo di eleganza e potenza, ottenuto ruotando i polsi. «Era bello sentirsi chiamare Angelo Biondo» dice «ma la popolarità metteva pressione: i giornali mi davano a medaglia sicura, io sentivo di dover vincere, non volevo deludere». In effetti non ha deluso.

Con Valentina Vezzali, Dibiasi è l'unico italiano e l'unico tuffatore al mondo ad aver vinto 3 ori olimpici nella stessa specialità individuale in 3 edizioni dei Giochi. Nel mito.













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