Rapporto Istat: in Trentino un esercito di precari
In aumento i contratti a termine. Ma la spesa sociale è la più alta d'Italia
TRENTO. Un Trentino più "precario" di ieri, dove il posto fisso dato per scontato vent'anni fa oggi è una chimera. Ma anche un Trentino che ha risposto alla crisi mettendo in campo misure di sostegno al welfare eccezionali, fino a vantare oggi la spesa sociale più alta d'Italia (280 euro per abitante). Se i giovani faticano, resta comunque elevato il livello dell'occupazione: oltre il 70%.
Il rapporto annuale 2010 dell'Istat delinea un quadro di ripresa globale, con un'economia che cresce a diverse velocità.
Un Paese in lenta risalita. L'Italia, in particolare, presenta un'evoluzione stagnante, con un tasso medio annuo pari allo 0,2% contro l'1,1% dell'Unione economica monetaria. «Il ritmo di espansione della nostra economia - secondo l'indagine - è stato inferiore di circa la metà a quello medio europeo nel periodo 2001-2007, e il divario si è allargato nel corso della crisi e della ripresa attuale».
Alla crescita modesta dell'ultimo decennio, però, è corrisposta una forte capacità dell'economia italiana di generare occupazione, per l'effetto congiunto delle riforme del mercato del lavoro e dello sviluppo di attività a maggiore intensità di manodopera. Di riflesso, la produttività è aumentata in maniera molto modesta, con una caduta del 3,6% nel biennio 2008-2009 e un recupero del 2,2% nel 2010. Questa situazione ha rappresentato un limite all'espansione dei salari, con le famiglie colpite anche dal notevole calo del potere d'acquisto e con un'erosione del tasso di risparmio. Per la prima volta l'Italia, paese di risparmiatori, è scesa sotto il livello dell'Uem.
In sintesi, la recessione è finita, ma il Belpaese arranca alle spalle di realtà come la Germania, che pur avendo subito assieme a noi la caduta del Pil più alta, ha fatto segnare un completo recupero (l'Italia resta a -5,1 punti rispetto al primo trimestre del 2008).
Trentino con più precari. Un quadro a luci e ombre, dove però in Trentino le prime sono più ampie e significative delle seconde.
L'aspetto meno positivo è la tendenza alla rarefazione dei contratti a tempo indeterminato che contraddistingue la nostra provincia, assieme a quella di Bolzano e ad altre cinque regioni del Centro-Nord: Piemonte, Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Marche. In questi territori - che rappresentano il 27 per cento degli oltre 17 milioni di dipendenti - nel 2010 per ogni 100 dipendenti assunti soltanto 15 avevano un contratto a tempo indeterminato, mentre erano 23 due anni prima. Al contempo, il numero delle trasformazioni dei contratti a termine in posizioni permanenti ha segnato nel 2010 variazioni tendenziali negative.
Ma il welfare è da record. A livello nazionale fra il 2003 e il 2008 si è assistito ad un lento incremento della spesa sociale pro capite, passata da 90 a 111 euro. Fortissimi gli squilibri territoriali, con in vetta il Trentino che distribuisce una media di 280 euro e la Calabria fanalino di coda (30 euro).
Occupazione elevata. Il divario territoriale continua a crescere anche in ambito occupazionale, passando da 19 punti percentuali nel 2005 a 21,4 punti nel 2010. Anche qui Trento è tra le aree privilegiate, assieme a Bolzano, Emilia-Romagna e Valle d'Aosta: qui lavora il 70% della popolazione, a differenza di regioni come Campania, Calabria, Sicilia e Puglia dove la quota di occupati non raggiunge la metà dei residenti.
Pochi lasciano i banchi.
Il fenomeno dell'abbandono scolastico è un'altra piaga del Mezzogiorno, con un'incidenza particolarmente elevata in Sicilia, dove più di un quarto dei giovani lascia la scuola con al più la licenza media. Incidenze superiori al 23 per cento si registrano anche in Sardegna, Puglia e Campania, ma quote elevate di abbandoni si riscontrano anche in alcune aree del Nord-ovest (soprattutto in Valle d'Aosta, Lombardia e Piemonte). Ancora tra i migliori Trento, che assieme al Friuli si assesta attorno al 12%, più in linea con il traguardo europeo del 2020.
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